Concerto per Dante, Muti e il nume tutelare di Ravenna

Concerto per Dante, Muti e il nume tutelare di Ravenna

Da Mansurian a Liszt, culmine delle celebrazioni 700 anni morte

La porta della tomba di Dante a Ravenna è sempre aperta, giorno e notte, e lo è stata anche nei giorni più bui della pandemia, quasi che la sua poesia possa essere un rifugio e una protezione per la città. Un legame forte, consolidato da una necessaria ricerca di punti di riferimento artistici e spirituali che la figura di Dante ha accresciuto in questo anno di celebrazioni.

Dante insomma inteso come una summa di valori che travalica la parola scritta per diventare essenza dell’espressione umana come quella condensata non a caso nel “Concerto per Dante” diretto da Riccardo Muti a partire da Ravenna, città che gli rende omaggio in ogni angolo, il 12 settembre nei giardini pubblici davanti alla Loggetta Lombardesca, poi a Firenze il 13 settembre al Teatro del Maggio e infine a Verona il 15 settembre al Teatro filarmonico. Un concerto che è un trittico di ispirazioni diverse, un ventaglio di sfumature e per questo imperdibile, mettendo insieme Verdi, Mansurian e Liszt nella loro passione per la Divina Commedia. Riccardo Muti con la sua consueta sensibilità ed energia dirige l’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini, con l’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino e il Coro del Maggio (maestro del coro Lorenzo Fratini). Si parte con l’assoluta levità della preghiera di San Bernardo alla Madonna, in un quasi irriconoscibile Giuseppe Verdi (1813-1901), che sussurra il Paradiso nelle sue Laudi alla Vergine Maria per coro femminile a 4 voci dai Quattro pezzi Sacri. Per passare poi al Purgatorio che il Ravenna Festival ha commissionato a Tigran Mansurian (1939), ieri sera in prima italiana a Ravenna, ma già eseguito in Armenia in occasione del concerto delle Vie dell’amicizia. Qui la cantica di mezzo è giocata sui contrasti dei toni tra violenza della colpa e pianissimo come aspirazione paradisiaca nel primo “O sante Muse” e poi nel quasi ossessivo “O Padre” così ben eseguito dal baritono Gurgen Baveyan. Fondamentale direi il contributo del violoncello di Giovanni Sollima, con la sua interpretazione così intensa da essere fisica, nell’esprimere questa duplicità che è quasi tormento nel Purgatorio di Mansurian peraltro presente a Ravenna. Infine Franz Liszt (1811-1886) e la sua meravigliosa Dante-Symphonie, da Dante Alighieri, S 109 (Inferno – Lento. Allegro frenetico. Andante amoroso. Purgatorio – Andante con moto. Lamentoso Magnificat) che si conclude con l’Alleluja che porta gli spettatori verso la sublime intensità della poesia dantesca che il compositore conosceva molto bene.

Ansa.it

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