Incontro a Londra con la popstar tornata in vetta alle classifiche col nuovo singolo “Perfect illusion”
La parola chiave è embargo. L’avvicinamento a Lady Gaga, minuscola gigantesca ragazza d’acciaio del pop, che ha riconquistato il mondo col singolo Perfect illusion (primo su iTunes, quasi 11 milioni e mezzo di visualizzazioni su YouTube) è segnato da pagine firmate e controfirmate. Neanche a Bilderberg si vive di tanti segreti.
Viene naturale, dopo l’ascolto di alcune canzoni del nuovo album – ancora senza titolo e senza data di pubblicazione – così diverse dal singolo ballato nelle discoteche, chiedere come siano nate. Certo, c’è libertà di parola, puoi fare la domanda e lei risponde, ma nulla potrà essere scritto. Come Pollicino che segue le briciole di pane, il gruppo di giornalisti arrivati a Londra da mezzo mondo, cellulari sigillati e sequestrati, ascolta in sala d’incisione quattro brani. Se viene spontaneo commentare: “Bellissimo, vero? ” si viene zittiti come a scuola. Al nuovo disco hanno collaborato Beck, Florence Welch (a Bbc Radio 1, Lady Gaga ha spiegato che Hey girl “doveva essere inciso con una ragazza, capirete perché quando scoprirete di cosa parla. Florence per me è davvero, se non la migliore, una delle più grandi cantanti del mondo”), Josh Homme, Father John Misty e Kevin Parker.
La ragazza che ha avuto il coraggio di vestirsi scegliendo quarti di bue, che sale con disinvoltura su scarpe alte come piccoli scalei da libreria, che è stata rossa, bionda, dark, aspirante divina e bad girl, che ha raccontato cosa vuol dire avere il mondo nelle proprie mani e combattere il buio nero della depressione, a trent’anni dice di sentirsi finalmente bene con se stessa.
“Oggi mi mostro come sono, e sono maturata”, racconta, seduta a gambe incrociate sulla poltrona Bergère nella sala dell’Hotel Langham, il suo quartier generale a Londra. Eccola l’ennesima versione di Lady Gaga, capelli platino (con ricrescita corvina) raccolti nel tuppo, tuta nera come una seconda pelle, la camicetta a righe ruggine annodata in vita, scarpe basse. “Prima avevo bisogno di maschere, oggi sto bene così. Con le maschere, con i costumi, un po’ ti nascondi, è stato un periodo. Ma nella vita si cambia”. “Poi”, sorride, “un po’ di trucco ce l’ho anche ora”. Che sia arrivata con quattro ore di ritardo è un dettaglio.
Radici siciliane (“Sono legata all’Italia, ho provato un dolore profondo per il terremoto di Amatrice, mi ha sconvolto, mi è sembrato una nuova Pompei”), il padre che la scorta con lo staff pronto a tenerle il piattino dove posare la tazza del caffè e a porgerle fazzoletti, Stefani Joanne Angelina Germanotta deve riposarsi. Fuori una piccola folla l’aspetta dietro le transenne sotto la pioggia: tante aspiranti Gaga, come lei, che non diventeranno mai Lady. Lei è chiusa nella torre d’avorio, secondo i tabloid intristita per la fine della storia d’amore con Taylor Kinney (no, Perfect illusion non parla di questo), ma a sorpresa è fuggita in shorts argentati tipo domopak a suonare in discoteca, al Moth: un atomo di maglietta, due cerotti neri a coprire il seno.
Mark Ronson, che lavorava con Amy Winehouse e ora è l’angelo di Lady G, metteva i dischi. “Per Mark, Amy era la sua famiglia, lei era meravigliosa, unica. Non dimentico quello che è stata: era se stessa e cantava esattamente come si sentiva di fare. È una persona che ha definito, con la sua musica, la mia generazione. La mia prima volta in studio con Mark ho pianto tutto il giorno, ero travolta dalle emozioni “. Anche la giovane Gaga non si sottrae, ha conosciuto il dolore. “Ho combattuto la depressione, l’ansia, come tante persone. Quando ero arrabbiata e non sapevo come sfogare rabbia e dolore, mi hanno consigliato: “Grida dentro un cuscino”. Lo sapete?, è meglio di qualsiasi terapia. Ma la vera terapia per combattere il dolore è la musica, con cui puoi esprimere davvero te stessa: la musica arriva a tutti, sa parlare a tutti”. Così ricomincia da musicista, non da icona della moda, e anche il cinema la vuole: interpreterà È nata una stella diretta da Bradley Cooper, nel ruolo che fu di Barbra Streisand.
Spavalda e riflessiva, non teme di essere giudicata, i giovani che la seguono sui social network quanto la influenzano? “Troppa gente pensa che gli artisti seguano tutto quello che viene scritto. Non è così, se fosse così non potremmo lavorare. Ma rispetto i social. La verità è che non sei un’artista se non hai una prospettiva che sia solo tua”.
Repubblica