Lo Stato Sociale, sold out a Milano ma secondo Lodo non è “ripartenza vera”

Lo Stato Sociale, sold out a Milano ma secondo Lodo non è “ripartenza vera”

“Ne siamo usciti migliori? Ne siamo usciti?” la voce fuoricampo di Fio apre con questa domanda il Recovery Tour dello Stato Sociale. Prima tappa a Milano, la città dove la band bolognese aveva suonato per l’ultima volta dal vivo. Era il Capodanno 2020 con ventimila persone in piazza Duomo. E’ passato un anno e mezzo, il cui frutto sono cinque ep solisti poi confluiti nell’album ‘Attentato alla musica italiana’ ma anche una serie di norme che permettono solo a un migliaio di persone (soldout nel primo giorno di vendita) di assistere al concerto nel Castello Sforzesco.
Non facciamo finta che questa sia una ripartenza vera, perché – sottolinea Lodo dal palco – la metà dei nostri tecnici non è qui” per colpa proprio di queste regole che andrebbero cambiate. Ma una cosa è sicura: la voglia di stare insieme”. E infatti il Recovery tour (già soldout le tappe di Bologna e Codroipo) è stato pensato come “una riabilitazione dello stare insieme” (copyright Alby), per come si può.
E allora per comunicare con la band in diretta arriva la nuova tecnologia ‘Dillo’, ovvero un numero WhatsApp a cui mandare messaggi che vengono letti negli intervalli fra un brano e l’altro. E poi la selezione (sempre via WhatsApp) di un chitarrista che salga sul palco a suonare in questo caso Eleonora che accompagna la band in ‘Abbiamo vinto la guerra’.
I brani (una quindicina in due ore di show) sono stati riarrangiati in versione “elettroacustica per non frustrare – racconta Alby – il pubblico che deve stare seduto” o almeno che dovrebbe anche se la fatica è tanta in alcuni brani. Niente da pogare ma tanto da cantare: brani cult come ‘Mi sono rotto il cazzo’ o ‘Sono così Indie’ e ‘Eri più bella come ipotesi’ e nuovo titolo da ‘Sesso, droga e lavorare’, a “Combat Pop” o “Fucking Primavera” con Lodo, Alby, Checco, Bebo e Carota che si alternano al microfono.
Brani che raccontano “come stiamo noi e il pubblico e cosa sono stati questi dieci anni”. “Non lo so che cosa sono adesso…non lo so perché paghi il biglietto” è il testo di L’unica cosa che non so fare’ mentre ‘Il giorno dopo’ spiega che ‘questa vita è una battuta. È una commedia tratta da una storia vera E chi l’avrebbe detto mai che dopo Cina e America Latina, avremmo visto insieme anche una quarantena?”. Qualche momento di commozione, risate per sdrammatizzare.
La poi la fine è con l’immancabile ‘Una vita in vacanza’ ma in versione pandemica. La band avrebbe voluto suonarla fra i tanti (e soprattutto le tante) fans ma le normative non lo permettono. Quindi il modo per essere il più vicino possibile al pubblico è quella di sedersi al bordo del palco con le gambe a penzoloni e fare una versione acustica, con la gente che canta a squarciagola, anche stonando gloriosamente. Ma non importa, basta stare insieme, almeno per questa volta. Niente bis però, nonostante le richieste perché ormai è quasi mezzanotte e s’avvicina l’ora del coprifuoco

Torna in alto