(di Tiziano Rapanà) John Lennon, sempre lui. Il tempo non ha scalfito il mito, la sua figura trionfa nell’immaginario massmediatico. Il marmo che ha scolpito il ricordo sembra propendere verso la leggenda eterna che si imprime nella certezza della memoria imperitura. E adesso la sua musica ridiventa attualità, nella realtà italiana, perché Angelina Mango l’ha intonata alla sala stampa dell’Eurovision (parlo di Imagine) e gli internauti hanno condiviso il video, contemplando una suggestione che si è fatta raccoglimento. “Imagine all the people/living for today”, ecco il punto massimo che rappresenta Lennon nel mosaico umano fatto di emozione e canto collettivo (che talvolta si trasforma brutalmente in karaoke). Il brano fa ancora breccia nei cuori. Tuttavia è ingiusto ricorrere a Lennon unicamente quando si vuole intonare una ballata tutta pace, amore e ribellione post-68. Perché il cantautore è una miniera di creatività fiammeggiante. E quindi ogni tanto non fa male rispolverare Working class hero che punta il suo agire nell’impegno sociale e nell’auspicio di una riscossa proletaria. Il brano, che ebbe una sua breve riscoperta nella versione dei Green Day, non piaceva a Franco Battiato (“mi sembra orrenda”, fu il commento lapidario dell’artista in una trasmissione Rai condotta da Andrea Pezzi). Nessuno ricorda mai l’energica Whatever gets you thru the night: fu la prima canzone di Lennon a raggiungere il primo posto nella mitica classifica statunitense Billboard Hot 100. Sono tanti i capitoli di una storia gloriosa legata al sentire civile, alla celebrazione del rock and roll classico (Stand by me e tutti i capisaldi del genere legati alla tribolazione di un album impreciso, figlio degli inciampi e dell’inaffidabilità di Phil Spector che ha costretto Lennon a concludere per conto suo), alle dinamiche sentimentali fatte di ossequio cavalleresco e tribolazione (da Jealous guy a Woman). Non si vive di solo “Imagine” ma di un’immagine complessa che dice quanto la vera creatività in musica sia un prisma. Ma si inciampa sempre nell’idea più facile, nel ricordo più immediato e ricorrente. Per fortuna c’è chi ha avuto il coraggio di uscire fuori dal sussidiario canzonettistico per fare luce sull’arte di Lennon e dei suoi soci. Disney + ha fatto un regalo per gli amanti della grande musica. Ha riproposto, con un restauro a cura di Peter Jackson, lo straordinario documentario Let it be di Michael Lindsay-Hogg che ritraeva i Beatles nell’ultimo capitolo della loro straordinaria avventura. Il film restituisce una figura di Lennon pienamente umana, anche divertente e divertita, di ragazzo che crea e condivide le sue idee. Una figura lontana dal santino che se ne fa e dalla banalità che adornano le celebrazioni e i ritratti reboanti. Ripartite da qui, per riscoprire Lennon, dal finale di partita con I Beatles. Da un epilogo che ha portato al mondo la nascita di un’immagine divenuta mitologia quasi cristologica, che ancora resiste e trova spazio sul web e nelle tv.