L’italianità, i giovani, l’Europa, la vecchia e nuova drammaturgia, il teatro civile e politico. Questi i temi fondamentali della nuova stagione della Fondazione Teatro della Toscana, guidato da Stefano Accorsi che, per la prima volta, assume la direzione artistica di un progetto articolato in vari palcoscenici di prosa. «Sono molto onorato per questo incarico, sono stato accolto subito con grande empatia, mi sono sentito a casa», esordisce l’attore che ha inaugurato nei giorni scorsi al Teatro della Pergola di Firenze il programma come protagonista dello spettacolo «Giocando con Orlando-Assolo», da Ludovico Ariosto, con la regia di Marco Baliani. «Tornare a teatro dopo 430 giorni di chiusura è come tornare a respirare dopo essere rimasti senza ossigeno per tanto, troppo tempo, sia per tutti noi che ci lavoriamo, sia per il publico. È un periodo difficile sicuramente, per quello che abbiamo vissuto – continua Accorsi – ma rialzare il sipario con un testo che amo e che parla d’amore in tutte le sue forme, mi provoca una grande emozione. È un modo per riabbracciarci con il pubblico e sono certo che gli spettatori hanno voglia di tornare in sala».
Tra le numerose proposte, il 13 maggio va in scena «La mafia» di Luigi Sturzo, regia di Piero Maccarinelli e il 19 maggio «La donna volubile» di Carlo Goldoni, regia di Marco Giorgetti alla Pergola; il 15 maggio al Teatro Era di Pontedera, «Senza frontiere», regia di Thomas Richards. Inoltre, il 15 maggio al Teatro Studio di Scandicci, «interno/esterno» da Maurice Maeterlinck, regia di Charles Chemin, e tra gli altri artisti internazionali, Bob Wilson, Dimitris Papaioannou e Irina Brook. Tra i protagonisti italiani, Elio Germano in «Così è (o mi pare)» e poi con «Paradiso 33» ispirato alla Divina Commedia di Dante, in scena a ottobre. «Le parole d’ordine – riprende Accorsi – sono : apertura, mani tese, sinergie, rinnovamento del patto con il pubblico. E soprattutto un’attenzione particolare ai giovani allievi del corso per attori “Orazio Costa”, della scuola “Oltrarno” diretta da Pierfrancesco Favino e dell’Accademia d’arte drammatica. È un modo per investire nel futuro. Speriamo sia l’inizio della fine… incrociamo le dita».
Emilia Costantini, corriere.it