Per Aurora Ruffino recitare era la vita. Ma oggi, al primo posto della sua classifica personale, ci sono il fidanzato (Maxime) e un progetto (famiglia con bambini). Si poteva chiedere di più all’attrice che vediamo in tv nei panni di Rebecca nella serie tv “Noi”?
Aurora Ruffino voleva essere Samantha, quand’era piccola, e invece l’hanno chiamata Aurora. E oggi che ce la ritroviamo davanti, seduta allo specchio del trucco, si capisce subito che per questa ragazza sorridente e piena di luce il nome è azzeccatissimo.
Chissà poi perché ad Aurora Ruffino, 32 anni, torinese, innamorata del fidanzato francese Maxime, donna felice di essere quello che è, sono sempre stati affibbiati ruoli drammatici. È stata Cris di Braccialetti rossi e Viola della Solitudine dei numeri primi ma, soprattutto, l’avete appena vista nella prima puntata di Noi, il remake italiano della serie americana This is us, dove, al fianco di Lino Guanciale (Pietro, cioè Jack nell’originale), è Rebecca.
Aurora Ruffino e la serie tv “Noi”
Perché le sono capitate tante parti così dure?
«Forse perché sono molto sincera, anche con me stessa. Non nascondo mai quello che provo né come sto, ho una predisposizione a mostrare le mie emozioni, compreso il dolore. Le esperienze di vita mi hanno portata ad affrontarlo presto. Deve essere per questo che non ho pudore nel mostrare la sofferenza neppure sul set».
Nella versione originale, Rebecca è Mandy Moore. Come è stato misurarsi con lei?
«This is us era già la mia serie preferita, con quei personaggi così veri, così imperfetti, così umani… Non avrei mai pensato di passare il provino, quando ho avuto la parte sono andata nel panico: “E adesso cosa faccio?”. Ma piano piano ho imparato a distaccarmi. Ho pensato che sono 400 anni che si porta in scena Romeo e Giulietta: perché non può esserci una nuova interpretazione di This is us, una storia attuale e universale che mette la famiglia al centro della storia? E allora ho deciso che avrei dato la mia versione di Rebecca».
Com’è Rebecca, la protagonista della serie tv Noi?
«Ah, Rebecca è un personaggio bellissimo, sfaccettato, complesso. Le sono grata perché mi ha costretta a interpretare quattro donne diverse in altrettante fasi della vita: 20, 30, 40 e 60 anni. A 20 anni Rebecca è una ribelle, rifiuta il modello della moglie-madre degli anni ’80 e non ha niente in comune con la nonna che sarà. Quando è madre è una madre totale, che vive per i figli, affronta il dolore della perdita di un bebè, il senso di colpa, la paura. A 40 è una donna in cerca di una sua identità. Insomma, ho dovuto studiare quattro ruoli».
Come è stato vedersi con le rughe?
«Sa che mi sono piaciuta? Mi hanno rafforzata».
E il pancione?
«Cioè arrivare a sera con un mal di schiena tremendo e capire perché all’ultimo mese di gravidanza una donna non vede l’ora di partorire? (ride). L’esperienza è stata importante. A 18 anni avevo solo un progetto: fare la mamma. Poi mi sono innamorata della recitazione, ma l’idea di avere bambini era sempre lì. Quando ho iniziato a girare la serie, ho avuto un rifiuto della maternità: il dolore che ho provato interpretando Rebecca è stato così forte che ho pensato: “Ma no, chi me lo fa fare?”. E poi, alla fine delle riprese, forse anche perché ne ho parlato tanto con Luca Ribuoli (il regista, ndr), ho provato l’emozione opposta: l’amore ha prevalso sulla paura del dolore. Lo considero il dono di Rebecca per me».
La sua famiglia numerosa è stata di ispirazione per Noi?
«La forza di Rebecca, disposta a tutto pur di proteggere i propri figli, l’ho trovata in mia zia: una roccia, inarrestabile, per noi avrebbe fatto qualsiasi cosa».
Che madre si immagina di essere?
«Uh, che domanda difficile. Direi una madre che non si snatura per i figli. Vorrei saper conservare il lato personale di Aurora, tenere l’equilibrio fra il mio ruolo di mamma e i miei desideri, le aspirazioni per me stessa».
Maxime, il suo fidanzato, è francese. Relazione a distanza?
«Fino al 2019 ci siamo divisi fra Italia e Francia. Poi Maxime ha ricevuto un incarico a Torino: era il 2020! Abbiamo passato tutto il lockdown insieme e la scoperta è che noi due, 24 ore su 24, stiamo benissimo, anzi meglio. Ora abbiamo casa a Lione».
Si è chiesta perché si è innamorata di un francese?
«Perché è l’uomo migliore che abbia mai incontrato. Perché condividiamo lo stesso amore per la libertà e per il rispetto reciproco, abbiamo la stessa visione della vita. Perché è un uomo stimolante. E poi… lo dico? Perché in lui ho ritrovato tante somiglianze con mio nonno, l’uomo della mia vita. Maxime è come lui, un grande lavoratore, serio, indipendente, con dei valori».
Il lavoro: viene prima di tutto, insieme al resto, dopo?
«Sta al secondo posto. Ed è una scoperta importante: dai 19 anni, per me il lavoro era la vita. Significava mettere me al primo posto. Poi ho scoperto che io non sono il lavoro: ora c’è Maxime, ci siamo noi due. Oggi sono felice con quello che ho: il lavoro, l’amore, il progetto di fare una famiglia ed essere madre».
Magari di tre gemelli come in Noi?
«No, tre mai! Uno, partiamo da uno».
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