La possibile alleanza tra Vivendi e Cologno su Premium strapperebbe quote di mercato al tycoon di Sky
È una rivoluzione che potrebbe cambiare il panorama competitivo europeo dei media e delle telecomunicazioni. Oltre a diventare l’embrione di un nuovo concorrente a livello mondiale del magnate di televisioni e giornali Rupert Murdoch. Quello tra Vivendi e Mediaset è un matrimonio che primo o poi si doveva fare. Se mai, drugstore in effetti, si farà. Perché le voci, più o meno insistenti girano da parecchio tempo. Ma la brusca accelerata che hanno avuto negli ultimi giorni i rumor su un accordo per Premium, fanno pensare che il momento sia ora. «Sono solo voci» dicono i bene informati. «Non c’è nulla di concreto. Non ancora». Ed è a quell’ancòra che ci si aggrappa per riuscire a immaginare quella che potrebbe essere il progetto di una nuova pay tv europea.
Gli incontri
È innegabile che negli ultimi giorni si siano intensificati i contatti tra la famiglia Bolloré, che detiene il 14% di Vivendi (oltre a essere il principale azionista di Telecom con una quota del 24,9% a ridosso della soglia per l’Opa obbligatoria) e la famiglia Berlusconi. Non basta l’antica amicizia tra le due famiglie a giustificare questi incontri. Prima che amici, i Berlusconi e i Bolloré sono uomini di affari e le loro mosse non sono mai per caso, soprattutto se si tratta di aziende con business simili se non identici. L’ultimo incontro, secondo alcune indiscrezioni è stato a Parigi. Al tavolo delle trattative ci sarebbero stati da una parte l’amministratore delegato di Mediaset Pier Silvio Berlusconi, dall’altra il presidente di Vivendi, Vincent Bolloré.
Il nodo delle quote
Anche i giornali francesi, dopo giorni di riserbo sull’argomento, hanno cominciato a a far trapelare alcune indiscrezioni, Les Echos in primis. Il quotidiano economico francese ha scritto che l’obiettivo di Vivendi sarebbe quello di «acquisire l’89% di Premium ancora in mano a Mediaset», dopo l’acquisizione da parte degli spagnoli di Telefonica lo scorso anno, dell’11% della società controllata del Biscione per 100 milioni di euro circa. Obiettivo: creare una realtà integrata, tra Vivendi, Mediaset, Telecom e Telefonica per diventare la media company numero uno nel Sud Europa. Senza dimenticare l’opzione di una partnership tra Vivendi e la francese Orange guidata da Stéphane Richard, l’ex France Télécom, partecipata dallo Stato.
L’ipotesi dello scambio azionario
L’operazione con Telefonica aveva valutato circa 900 milioni di euro la società italiana. E tra i nodi da sciogliere per capire la portata di un possibile accordo Vivendi- Premium (non solo sulla sua fattibilità, ma per capire anche il perimetro che un’operazione del genere potrebbe abbracciare) c’è proprio quello finanziario. Le prime indiscrezioni parlavano di un deal che potrebbe portare il gruppo di Bolloré a pagare la quota di Premium metà in contanti, metà con azioni della stessa società francese. Il che farebbe entrare Mediaset nel capitale di Vivendi (che capitalizza 26 miliardi di euro) con una quota del 2%. La pay tv di Cologno Monzese ha sempre esercitato una certa attrattiva sui maggiori player internazionali, Sky in primis. Nell’aprile dello scorso anno era dato quasi per certo un accordo tra le due società, dopo una serie di incontri tra Silvio Berlusconi e Rupert Murdoch. La trattativa sembrava avviata. C’era anche una cifra: 1 miliardo di euro. Mediaset non sembrava troppo convinta e dell’affare non se ne fece nulla. «Un miliardo? Troppo poco». Anche perché il rischio era far diventare Sky monopolista del settore.
Concentrazione
Attualizzando cifra e criticità, se Vivendi offrisse la stessa somma, Mediaset potrebbe accettare: non si tratterebbe più di consegnare un intero settore a un unico player, ma di porre le basi per una sinergia più o meno ampia e competitiva. Vivendi infatti controlla, tra gli altri asset, il 100% di Canal+, il colosso francese della tv a pagamento che comprende nella sua galassia, Canal+, Canal Cinema, Canal Family, Canal Séries e Canal Sport. Un portafoglio ricco ma non particolarmente solido: tra il 2012 e il 2015 le perdite dell’intero bouquet televisivo sono passate da una ventina di milioni a più di 250 e la base di abbonati è passata dal picco di 4,5 milioni del 2011 agli attuali quattro. È in quest’ottica che si colloca l’accordo di natura commerciale stretto con BeIn, il canale sportivo di Al Jazeera: Canal+ avrà la gestione dei tre canali sportivi dell’ex concorrente. Grazie ai diritti sportivi di BeIn, e a quelli che già possiede, Canal+ potrebbe immaginare una nuova offerta più segmentata, incentrata sullo sport. Che si vada verso una concentrazione del settore del resto è indubbio: Sky un anno e mezzo fa ha creato un’unica piattaforma europea unificando le realtà presenti in cinque differenti Paesi: Italia, Germania, Austria, Gran Bretagna e Irlanda. E propio lo sport potrebbe essere terreno comune per dare inizio a una integrazione Vivendi-Mediaset Premium.
I contenuti
Del resto se Canal+ piange, Premium non ride: la pay tv, che conta due milioni di abbonati, dal 2007 non ha mai fatto utili e per il triennio 2015-2018 pagherà 230 milioni di euro ogni anno (per un totale di 690 milioni) per i diritti della Champions League strappati a Sky a caro prezzo e su cui il Biscione ha puntato molto (per ora senza risultati) per incrementare il numero di abbonati. Si tratterebbe quindi di razionalizzare forze e spese e presentarsi come unico player con un maggior potere contrattuale, nello sport, ma non solo. Per Vivendi sarebbe una partenza in salita e il rischio, per gli utenti è che si scateni una guerra dei prezzi al rialzo per compensare gli investimenti. A far la differenza potranno essere come al solito, i contenuti, tra sport, cinema, serie e produzioni originali, unica carta che potrebbe spostare numeri e abbonati.
Il Corriere della Sera