Non è un grande periodo per la tv in streaming

Non è un grande periodo per la tv in streaming

Per Netflix abbonati in crescita e flusso di cassa negativo per 2 mld. Hulu resta in rosso

Amazon alza i prezzi e investe 4,5 mld in contenuti originali

Lo streaming online è di sicuro una modalità che piace tanto, con un pubblico pay in crescita vertiginosa su tutti i mercati del mondo. Ma i giganti che operano in questo settore non sempre hanno in tale business il loro primario obiettivo.

Per esempio Netflix: certo, corre verso i 124 milioni di abbonati a livello internazionale, ha chiuso il 2017 con 11,7 miliardi di dollari di ricavi e utili per 559 milioni di dollari.

Però ha un free cash flow (un flusso di cassa) negativo per due miliardi di dollari. Significa che il gruppo fondato da Reed Hastings non riesce ad autofinanziare le sue attività, che necessitano di investimenti altissimi (nel 2018 Netflix investirà tra i 7,5 e gli 8 miliardi di dollari in contenuti originali, dopo i 6 miliardi investiti nel 2017). E non è un caso che i debiti a lungo termine siano raddoppiati da un anno all’altro: dai 3,3 miliardi di dollari di fine 2016 ai 6,5 miliardi di dollari di chiusura esercizio 2017. Insomma, il business dello streaming online a pagamento non è tutto rose e fiori. E a Wall Street in tanti scommettono che il vero scopo della espansione di Netflix sia quello di trovare, poi, un big alla Apple (230 miliardi di dollari di ricavi 2017) che apra il portafoglio e liquidi i soci fondatori a botte di decine di miliardi di dollari.

Anche perché, su molti mercati, inizia a farsi sentire la concorrenza durissima dell’offerta Amazon Prime Video.

Il colosso di Jeff Bezos (178 miliardi di dollari di ricavi Amazon nel 2017), peraltro, non ha nello streaming di video il suo business principale. E gli abbonati al servizio Prime puntano più alla rapidità delle consegne che alle serie tv o ai film. Questo consente ad Amazon Prime Video di tenere prezzi bassissimi (in Italia l’abbonamento Prime Video costa 19,99 euro all’anno, per esempio, contro i 7,99 euro al mese di Netflix). E, proprio grazie alla concorrenzialità del prezzo, Amazon Prime Video ha più abbonati di Netflix in India (dove Amazon nel 2018 investirà 300 milioni di dollari per produrre contenuti originali in lingua hindi, e dove l’abbonamento a Netflix costa 5,5 volte quello di Amazon), Giappone e Germania. Anche Amazon, tuttavia, per consolidare la sua offerta Prime Video, deve investire un sacco di soldi: nel 2017 ha messo sul piatto 4,5 miliardi di dollari per produrre nuovi contenuti originali, e inoltre, a differenza di Netflix, sta diversificando la sua offerta. Non solo serie tv, film o show, ma pure dirette sportive, con le partite della Nfl (football americano) negli Usa, il tennis maschile Atp nel Regno Unito, l’ott Eurosport player in Germania, e un interesse ai diritti della Premier league di calcio inglese, la cui asta parte in questi giorni. Investimenti a pioggia che hanno causato, a partire dal prossimo 18 febbraio, un ritocco della tariffa mensile di Amazon Prime negli Usa: si passa da 10,99 dollari a 12,99 dollari al mese, mentre l’abbonamento annuale rimane a quota 99 dollari. A fine 2017 circa 66 milioni di famiglie americane avevano un contratto con Amazon Prime (e quindi la possibilità di vedere i contenuti di Amazon Prime Video), rispetto ai 90 milioni di famiglie abbonate a una pay tv via satellite o via cavo. Secondo le stime degli analisti, nel 2019 ci sarà il sorpasso: 89 milioni di famiglie Usa potranno vedere i contenuti di Amazon Prime Video, mentre saranno solo 87 milioni le famiglie abbonate alla pay tv tradizionale.

Se per Amazon, comunque, lo streaming di contenuti online è un corollario, costoso, per promuovere il suo business principale (l’e-commerce), per la piattaforma Hulu il consumo di serie tv e film è invece l’attività core.

Anche questa società di streaming, controllata al 30% da Comcast, al 30% da 21st Century Fox, al 30% da Disney e al 10% da Time Warner, non ha però conti brillanti: nel 2017 ha incassato perdite per 920 milioni di dollari, dopo il rosso di 531 milioni di dollari nel 2016. Gli analisti stimano ulteriori perdite per 1,7 miliardi di dollari nel 2018. I soci hanno dovuto investire nell’azienda 733 milioni di dollari nel 2016, un miliardo di dollari nel 2017, e dovranno immettere altri 1,5 miliardi nel 2018. Hulu ha 17 milioni di abbonati (tutti negli Usa) e nel 2017 ha speso 2,5 miliardi di dollari per produrre o acquistare contenuti.

Nel caso in cui andasse in porto la operazione Disney-21st Century Fox, la piattaforma Hulu potrebbe essere la base da cui partire per la sfida Disney, pronta nel 2019, allo strapotere di Netflix nello streaming online.

Claudio Plazzotta, ItaliaOggi

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