NIENTE CANONE AI TERREMOTATI? DIMOSTRINO CHE LA TV È ROTTA

NIENTE CANONE AI TERREMOTATI? DIMOSTRINO CHE LA TV È ROTTA

logo raiLa cinica burocrazia Rai: per non pagare devono portare le prove che l’apparecchio non funziona «a causa del In linea teorica, se la casa è crollata, vedere la tv in salotto diventa alquanto disagevole. Non però per il legislatore, che nel decreto legge recante «Nuovi interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici», nella parte sugli adempimenti tributari tra cui il canone Rai, è riuscito a scaricare l’onere della prova sui terremotati, che avrebbero nel frattempo altri più urgenti problemi da risolvere. Esentare dalla tassa tv i residenti nei comuni colpiti dal terremoto? Magari solo per un periodo limitato, in modo da non complicare ulteriormente la vita già complicata dagli effetti del sisma? Troppo facile, e poi si corre il rischio che venga esentato dal canone Rai anche chi ha la casa ancora intatta, un’ingiustizia che va evitata a tutti i costi. L’incasso del gettito fiscale ha sempre la priorità sui diritti dei contribuenti, che possono sì essere alleggeriti da un’imposta, ma solo in certi rari casi e sempre nel modo più contorto possibile, così che per sfinimento si prendano i soldi anche da chi non li dovrebbe.
L’idea geniale del governo è infatti un’altra. Chi dopo le scosse degli ultimi mesi fosse proprietario di un cumulo di macerie o di una casa inagibile perché pericolante, potrà essere esentato dal pagamento del canone Rai, ma dovrà dimostrare di averne diritto. Mica si può pensare di farla franca facilmente ed essere esentati solo perché residenti in una cittadina rasa al suolo da un terremoto. Ecco cosa dice nello specifico l’articolo 11 del decreto «in favore» delle popolazioni colpite dal sisma, appena pubblicato in Gazzetta Ufficiale: «Nei casi in cui per effetto dell’evento sismico la famiglia anagrafica non detiene più alcun apparecchio televisivo, il canone tv ad uso privato non è dovuto per l’intero secondo semestre 2016 e per l’anno 2017». Il guizzo sta tutto nella dizione «per effetto dell’evento sismico». Se ne deduce infatti, prendendo alla lettera la legge, che una famiglia terremotata può non pagare il canone Rai, ma solo se in grado di dimostrare che anche il televisore domestico è stato vittima del sisma. Altrimenti, se l’apparecchio si fosse salvato dal crollo e per disgrazia fosse ancora funzionante, la famiglia terremotata sarebbe tenuta a pagare ancora la tassa tv, benché sprovvista di un casa dove guardare i canali della Rai. Un dettaglio.
Come nota anche ilSole24Ore, il decreto legge n. 8/2017 non chiarisce affatto in che modo un terremotato possa dimostrare di non possedere più un televisore «per effetto del sisma». Inviare all’Agenzia delle entrate un pezzo dell’apparecchio distrutto, con numero di matricola ben visibile sennò non vale? Autocertificare il crollo della casa e il contestuale decesso del televisore, consapevoli delle conseguenze penali di una dichiarazione mendace ai sensi dell’articolo 75 del Dpr 445/2000? Allegare una dichiarazione della Protezione civile o del sindaco che comprovi lo status di sfollato, garantendo pure che il terremotato non abbia fatto in tempo a mettere in salvo un tv ancora in grado di ricevere la Rai?
Il modello di dichiarazione sostitutiva predisposto dall’Agenzia delle entrate per il canone Rai prevede una sola possibilità per sfuggire all’imposta: non possedere un televisore nella casa in cui si è titolari di utenza elettrica. Che razza di aiuto è, allora, esentare quelli che le abitazioni non le hanno più? Quelli invece che hanno ancora una casa ma non più abitabile né accessibile, rischiano pure una multa. Se in casa c’è un televisore, anche se loro vivono in una tenda da mesi in linea teorica non sono esenti dal canone, e se dichiarano il contrario incappano nella sanzione prevista per gli evasori (cinque volte il canone evaso). A meno di non dimostrare che non si detiene più di fatto la tv, per effetto del sisma. Ma come? Mistero. Ci pensino i terremotati, mica può pensare a tutto lo Stato.

Paolo Bracalini, il Giornale

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