La Val Venosta si estende tra il Passo Resia, che segna il confine con l’Austria, e Merano. Il paesaggio non è quello delle Dolomiti: sono le Alpi Venoste a dipingere uno scenario meraviglioso con vette che superano i 3000 metri. Il documentario “La Val Venosta” di Claudia Seghetti ne racconta l’essenza, in onda domenica 13 ottobre alle 22.10 su Rai 5.
È una valle serena, lontana dal turismo frenetico; chi arriva qui non sente l’impulso di dover andare immediatamente a sciare. La pace predomina e il contatto con la montagna diventa più diretto e naturale. È un luogo speciale come le persone che lo abitano e che si possono incontrare. La sensazione potrebbe essere quella di giungere in un paese straniero, poiché qui non si parla l’italiano, ma il dialetto tirolese.
Le persone, benché riservate, aprono immediatamente le porte ai visitatori. Tale riservatezza è legata a un passato, quello fascista, che ha cercato di cancellare la loro identità, che invece hanno difeso e mantenuto. Un tempo era una zona di finanzieri e carabinieri provenienti da tutta Italia che si mescolavano con la popolazione locale. Con l’apertura delle frontiere, molti se ne sono andati, altri sono rimasti.
Oggi le attività principali sono la pastorizia, l’agricoltura e il turismo. Anche gli sport non sono da meno. È come essere in una palestra all’aria aperta dove anche gli animali trovano il loro spazio. Per gli atleti, rappresenta un vero paradiso terrestre. Il simbolo della Val Venosta è il campanile sommerso di Curon. Un piccolo paese che, subito dopo la Seconda guerra mondiale, a causa della costruzione di una centrale elettrica e di una diga, è stato distrutto e poi sommerso per l’innalzamento del livello dell’acqua del lago. Il campanile è rimasto, poiché risalente al XIV secolo e dichiarato monumento storico dalle belle arti.