Una storia taciuta e custodita per ottant’anni, quella di un ragazzo italiano di 19 anni che durante la Seconda guerra mondiale viene strappato dalla sua terra e messo su un treno con destinazione sconosciuta. Lui, come i circa ottocentomila connazionali che Hitler – per aggirare la Convenzione di Ginevra sui prigionieri di guerra – fa chiamare Internati Militari Italiani, catturati e deportati dopo l’8 settembre 1943. Una storia che Nildo Menin – scomparso lo scorso anno – ha affidato al nipote Simone che la racconta in “Il ragazzo con il libro sotto il braccio”, in onda venerdì 13 ottobre alle 21.10 in prima visione su Rai Storia, introdotto e contestualizzato dalla professoressa Isabella Insolvibile.
Giovanissimo carabiniere, Nildo viene arrestato dalle SS e imbarcato su un treno che, dopo 14 giorni di un viaggio allucinante, raggiunge il campo di prigionia di Moosburg, in Germania. Poco dopo, viene trasferito a Monaco per lavorare in una fabbrica di ordigni bellici. Come uno schiavo ai lavori forzati.
La sua unica salvezza è il diario che tiene sempre con sé, tanto che i compagni lo chiamano “Il ragazzo con il libro sotto il braccio”. E nei due anni di prigionia, prima della liberazione, scrive tutti i giorni: racconta la quotidianità, la lotta per la sopravvivenza, la strana “società” all’interno del campo. Per non dimenticare mai più e trasmettere la memoria di quel dramma comune a tanti italiani.