(di Tiziano Rapanà) Quando il bivio si presenta in una frase, sta lì a dire che il protagonista sta vivendo un periodo difficile. Un momento di svolta da uno stato ad un altro. Ed è difficile intendere, a occhio nudo, la scelta propizia. Ergo, i casi sono due: verrà il tempo della gloria oppure si guarderà con occhio costernato il cielo, inumidito dalle feroci aspettative che cadono come stelle fetide, alla ricerca della misericordia: “Kyrie Eleison!” Il bivio è un elemento di rottura, a volte fulmineo (la fisica quantistica lo circoscrive nella metafora dell’effetto farfalla), a volte iper ragionato. Il problema non è semantico, ma esistenziale. Il bivio fu antico oggetto d’interesse per Enrico Ruggeri, il quale fu protagonista di un programma Mediaset di vent’anni fa. Da un po’ tempo è il cuore dell’agire televisivo di Monica Setta che conduce, per la seconda serata del mercoledì di Rai 2, Storie di donne al bivio (programma scritto con Simone Di Carlo e diretto da Giacomo Necci). Qui il bivio non è tracciato secondo le coordinate della tragedia, non si guarda all’eccezionalità della scelta. La vita che si vive, occasionalmente accecata dai fari dell’euforia, è il centro della serie di dialoghi cui poggia l’architettura della trasmissione. Non sono parole che si fanno epistolario su un possibile dibattere sui massimi sistemi o anche solo sui Detti e contraddetti di Karl Kraus. Si girella sull’amore, sulle piccole cose, sui rimpianti comuni ai telespettatori. Perché le protagoniste sono quasi sempre le donne di spettacolo, con i loro turbamenti e malinconie. Eppure è interessante vedere come non si calca la mano sul pruriginoso, non si superano i confini del proibito. Piccole storie, donne comuni nell’assecondare le sprezzanti stagioni del sentimento o rompere le consuetudini sullo stare in società. Ultimamente, il programma ha trovato spazio in prima serata e ha portato a casa il 6,1% di share. Nel gran valzer delle interviste, ho apprezzato la simpatia di Simona Izzo e Patrizia Groppelli. Si fa un buon uso delle musiche di repertorio: talvolta si ascolta un vecchio pezzo di Fred Bongusto o l’antico tema del film Metti una sera a cena; il programma ti dà l’idea che possano trovare ospitalità i grandi successi dei Romans o della Bottega dell’arte. Si parla molto della trasmissione, per le tante anticipazioni che trovano spazi sui giornali: antipasti succulenti sulla vita privata delle celebrità, che dicono di tutto e di più sui loro fulgori sentimentali, sui successi e le discontinuità professionali. E la Setta, qui confesso con disdoro il mio moto d’invidia, non fa nulla per incalzare a raccontare il particolare più insidioso: il clima rilassato aiuta le ospiti a parlare di sé, con estrema sincerità.