Esce V, il nuovo disco “ancestrale” del cantautore romano
Mannarino torna a quattro anni da Apriti Cielo (disco di platino) e lo fa con V (dal 17 settembre per Polydor/Universal Music Italia): V come il quinto disco del cantautore romano, ma anche come V di “Venere Voce Vita Ventre, Valore Volume Veleno, Violenza Villaggio Vertebre, Vagina Vulcano Vagabonda, Vento Vene Vegetazione, Vanità Verbo Verità”.
Un disco, anticipato dai singoli Africa e Cantarè, prodotto dallo stesso Mannarino e registrato tra New York, Los Angeles, Città del Messico, Rio de Janeiro, l’Amazzonia e l’Italia, che parla spagnolo, portoghese, romano, intriso di suoni di foresta e voci indigene registrate in Amazzonia. Alla ricerca dell’origine del mondo e dell’umanità contro la brutalità del disumano. “Però non è un disco di appropriazione culturale, ma di fuga dal colonialismo”, avverte. Un processo iniziato già con Apriti Cielo e portato ora a compimento. “Apriti cielo è stato un album di passaggio in cui ho messo le basi per questo lavoro, forse possiamo considerarla la versione beta di V, ma penso sia tutto un percorso – racconta Mannarino -. Hanno molte cose in comune sugli intenti da perseguire, ma in questo album non c’è più il monoteismo, non c’è più lo scontro diretto con il potere, piuttosto c’è la ricerca di anticorpi: che siano la fantasia, l’irrazionalità o la tribalità. O la libertà di affrontare un disco senza voler piacere a nessuno, senza voler seguire il mercato. Sviluppare la fantasia e uscire fuori dagli schemi ci offre la vitalità che poi serve a resistere”. E sono la natura, il patriarcato, l’animismo, la femminilità, il rapporto uomo-donna alcuni dei temi intorno ai quali ruota forse il disco più politico e visionario dell’artista. “Un disco politico? Penso proprio che lo sia. Lo scontro tra ‘indigenità’, in Cile, Colombia, Brasile, e neoliberismo c’è in tutto il mondo. Sembra quasi un atto programmato di genocidio per mettere a tacere questa parte ancora resistente e vitale dell’umanità, solo per aver mantenuto il rapporto con la natura e il rapporto di comunità”, aggiunge ancora spiegando che dopo quattro dischi di “scontro frontale e di critica sociale” era stanco e cercava “altro: non mi andava più di lamentarmi e puntare il dito contro le cose che non mi piacciono. Sono andato a cercare la forza e la ricchezza degli essere umani e l’ho trovata andando molto, molto indietro.
Andando alla radice del mondo, alla sua origine ancestrale, rilanciandola nel presente e nel futuro”. Il disco – “per il quale grazie al covid ho avuto tempo per pensare ogni parola e ogni suono, non c’è niente di lasciato al caso” – ruota intorno alla figura della donna, dai titoli dei brani quasi tutti declinati al femminile alla copertina, che propone una donna guerriera indigena, con un passamontagna colorato calato a metà sul volto. “Se lo sta abbassando significa che sta andando in guerra, perché non è stata riconosciuta, è diventata un mostro nella cancellazione della sua identità. Se invece lo sta alzando significa che è stata vista e ti mostra tutta la sua bellezza meravigliosa. Il disco è una risposta a questo dubbio”. Una donna che nella lettura di Mannarino diventa “natura, madre, rapporto, corpo, irrazionale”.
“Viviamo un momento storico importantissimo dove l’immagine della donna è potente e di rottura – ribadisce -: un’occasione di salvezza per l’umanità, dopo secoli e secoli di patriarcato, almeno in Occidente. Ma c’è anche un piano più personale: la mia ricerca sull’immagine femminile. Anche io devo fare i conti con la mentalità patriarcale che ci circonda. Nel disco c’è anche la crisi di un uomo di fronte a questa immagine”. Covid permettendo, Mannarino presenterà il disco tra febbraio e marzo in un tour di 9 date nei palazzetti. “Il live è un aspetto importante di questo disco, legato al corpo e alla coralità, allo stare insieme. Immagino il concerto quasi come un rituale sciamanico. Vorrei fare un tour normale, senza mascherine, senza restrizioni, perché il concerto è una festa, una celebrazione della vita, e si fa quando la vita si può celebrare”. C’è chi come Salmo ha forzato la mano sui concerti.
“Come faccio a protestare contro un virus? Quando finirà, finirà”.
Ansa.it