Sembrava destinato a sconvolgere il paesaggio televisivo ma invece va al piccolo trotto. Il contenitore è ottimo, il contenuto non altrettanto
di Sergio Luciano, Italia Oggi
E così Netflix non sta ottenendo né in Italia né generalmente in Europa i risultati sperati! E anche negli States sembra aver rallentato la propria spinta propulsiva. Ma come? Ma guarda Macchè: era ovvio, chiaro e prevedibile. E infatti ItaliaOggi l’aveva previsto e scritto: nel mondo della creatività e dell’intrattenimento, la differenza non la fa il contenitore ma il contenuto.
Netflix è sicuramente un bel contenitore, offre funzionalità molto efficienti e friendly, amichevoli, a chi la usa, ma questo non poteva bastarle a garantirle il successo.
Chi di noi preferirebbe guardare una partita di calcio da oratorio solo perché potrebbe farlo comodamente seduto in poltrona anziché guardarsi il derby della squadra del cuore di serie A, pur se malamente accoccolato su uno sgabello?
La verità è che Netflix, azienda giovanissima e organizzativamente leggera, ha goduto della vivacità creativa che è tipica delle strutture nuove, lo è da sempre, anche da prima dell’avvento del web. Spessissimo, in giornali piccoli e neonati, emergevamo idee editoriali migliori di quelle dei giornaloni. Per non parlare delle radio private, roba spesso artigianale che pure ha cambiato lo stile di tutta la produzione radiofonica.
Solo che alla creatività non si comanda. Si può pagare e strapagare un autore, ma questo non garantirà il successo delle sue idee. E infatti, dopo aver imbroccato alcune fiction fortunatissime (che hanno appunto decretato per Netflix una notorietà molto percepita anche in Europa) la vena creativa si è come appannata, il successo ha dato un po’ alla testa, la dimensione è cresciuta e sono iniziati i flop.
Ora, come sempre accade sul web, attratti dall’esempio inizialmente vincente di Netflix, tutti i big si sono messi a produrre fiction: pagano poco o niente, rispetto ai grandi broadcaster, ma fruiscono di un’offerta creativa giovanile e quasi amatoriale. Ha iniziato Facebook, vediamo se lo faranno anche Google ed eBay. Così l’orgia dell’offerta di contenuti continua. Il valore unitario di questi contenuti scende. Ormai ridotto a misera cosa nel mercato delle news (che infatti sono quasi sempre gratis e non rendono più nulla a chi le produce) il ribassismo sta investendo anche la fiction.
E si metterà in circolo nella Rete montagne di robaccia inguardabile; che però poi qualche fesso che la guardi – contribuendo al degrado dell’insieme – si trova sempre. Continuiamo pure a farci del male: nel mercato del web il turbo-liberismo americano ha appena iniziato a fare i suoi disastri, molti altri ne determinerà. La fabbrica delle illusioni, delle start-up del totalmente superfluo, della bolla digitale che non crea né valore lavorativo né fatturato ma solo un po’ di mosconate in Borsa, ha davanti a sé praterie di speculazioni. Fino al prossimo tracollo.