Lo sciopero di attori e sceneggiatori a Hollywood scombina i piani ai premi Emmy. Quelli che sono considerati gli Oscar della televisione slittano di quattro mesi, un periodo di tempo che dimostra la gravità della situazione. La 75 edizione si svolgerà il 15 gennaio 2024 a Los Angeles invece che il prossimo 18 settembre, come inizialmente previsto in calendario. La notizia è stata annunciata congiuntamente dalla Television Academy, l’ente organizzatore, e la Fox, il network che li manda in onda.
Il rinvio A fine luglio era arrivata la notizia che la Fox aveva deciso di rimandare la cerimonia. E così gli Emmy sono stati le prime “vittime” dello sciopero degli sceneggiatori e degli attori che sta infuocando l’estate di Hollywood. E’ stata proprio la Fox, che ha l’esclusiva della cerimonia, a premere per lo slittamento. L’assenza di star sul tappeto rosso e sul palco sarebbe infatti stata una ricetta sicura per indici di ascolto a picco.
Le ricadute Lo slittamento farà sì che gli Emmy non abbiano un’influenza sui Golden Globes (7 gennaio) e sui Critics Choice Awards (14 gennaio), gli altri due importanti premi televisivi del periodo di inizio anno. Se nessuno dei due premi dovesse cambiare le loro attuali date come hanno fatto gli Emmy, i Creative Arts Emmy Awards (che si terranno al Peacock Theatre di LA per due serate consecutive sabato 6 gennaio e domenica 7 gennaio) avranno uno dei loro eventi che si svolgerà lo stesso giorno dei Golden Globes.
Primo rinvio dal 2001 E’ la prima volta dal 2001 che i premi subiscono un rinvio: quell’anno la cerimonia fu posticipata una prima volta dopo le stragi dell’11 settembre e poi, in novembre, sullo sfondo delle prime azioni militari in Afghanistan. Le candidature per quelli che saranno giudicati i miglior show televisivi erano state annunciate lo scorso 12 luglio, 48 ore prima dell’inizio dello sciopero del sindacato Sag-Aftra. “Succession” è la serie che guida le candidature con ben 27 nomination. A contenderle la vittoria sono tra i favoriti “The Last of Us”, “The White Lotus” e “Ted Lasso”.
Oltre 100 giorni di sciopero Gli sceneggiatori scioperano da maggio e a metà luglio si sono uniti anche gli attori. Le regole degli scioperi impediscono ai divi di promuovere il loro lavoro in qualsiasi modo. Vietati quindi i red carpet di prime e festival, interviste, apparizioni tv e premi. Il rinvio degli Emmy è un ulteriore segnale della portata che le agitazioni stanno avendo sull’industria dei sogni. E questo potrebbe essere solo l’inizio per Hollywood.
Sono passati oltre 100 giorni: una soglia importante in una città che ancora ricorda con sgomento lo sciopero di 15 anni fa, risolto con la firma tra le parti proprio al centesimo giorno. Quest’anno l’accordo sembra lontano, visto che in più di tre mesi produttori e manifestanti si sono incontrati solo una volta. La serrata in corso ha tutte le carte per superare quella più lunga della storia di Hollywood: i 154 giorni del 1988. Con servizi di streaming che la fanno da padroni e l’intelligenza artificiale che già entra nel settore, in gioco non ci sono solo aumenti salariali e garanzie sui contratti, ma l’intero modello dell’industria dello spettacolo, che deve decidere come calcolare le retribuzioni e i diritti d’autore per opere dal successo impalpabile sulle piattaforme e come utilizzare software che imitano e sostituiscono la creatività dei lavoratori in carne e ossa. Con istanze molto simili, anche gli attori, rappresentati dalla sigla Sag-Aftra, si sono uniti ai picchetti il 14 luglio: uno “sciopero doppio” che non si verificava dal 1960. E che toglie lo stipendio non solo a chi incrocia le braccia, ma a un indotto che ha un motore portante della città e dello stato. Nel 2008 lo sciopero ha fatto precipitare la California in una recessione, con una perdita di 2,1 miliardi di dollari per le casse di Sacramento e di oltre 37mila posti di lavoro, secondo il Milken Institute in un rapporto di ricerca.
Viste le condizioni già complicate dall’inflazione, quello di quest’anno manderebbe in fumo più di 3 milioni di dollari. La città, costellata di picchetti, premiére cancellate e professionisti disoccupati, vive in un deja-vu della pandemia. Certo, tre anni fa erano arrivati gli assegni straordinari da Washington, da Sacramento e si poteva chiedere la disoccupazione. Intanto la sigla sindacale che riunisce le maestranze del cinema (Iatse) e che rappresenta quasi 170mila tra scenografi, operatori di macchina, tecnici del suono, montatori, truccatori o costumisti, pur non essendo in sciopero, ha destinato 4 milioni di dollari a un fondo di solidarietà per i suoi iscritti che versano in brutte acque.