«Santarcangelo Festival» dissacrante e rivoluzionario, tra fantascienza e gioco

«Santarcangelo Festival» dissacrante e rivoluzionario, tra fantascienza e gioco

In scena formati intimi e inediti e progetti innovativi, grazie a un superamento definitivo dei generi e dei linguaggi. Di fatto, gli stereotipi diventano improponibili nel caos della società contemporanea.

Santarcangelo, che un tempo era il luogo “dei teatri”, oggi è uno scenario più complesso, in sintonia con la molteplicità di forme ed esperienze disomogenee che compongono la geografia dello spettacolo dal vivo. Ciò che unisce gli eterogenei eventi della 49esima edizione del Santarcangelo festival, in corso fino al 14 luglio, come spiegano anche le curatrici Eva Neklyaeva e Lisa Gilardino, è «il bisogno di entrare in contatto con la seducente, splendida complessità del tutto».

Prima di passare il testimone ai Motus, che sono stati incaricati di progettare per il prossimo anno l’attesa edizione del cinquantenario, le due direttrici artistiche hanno voluto rimarcare il filo rosso del loro progetto triennale: un superamento definitivo dei generi e dei linguaggi, una condivisione di pratiche performative e artistiche in senso lato, che non escludono l’aspetto ludico e partecipativo, ben sintetizzato nel titolo di questa edizione: Slow and Gentle .

In questi giorni è possibile dunque assistere a uno spettacolare, e per la verità un po’ ripetitivo, evento di nuoto sincronizzato,Dragon – Rest your head on the seabed, nel quale sei vigorose nuotatrici di una compagnia spagnola disegnano inedite figurazioni di gusto fantastico, mentre altrove un agente di public movement spiega, in un faccia a faccia con un singolo spettatore alla volta, i meccanismi di occultamento della memoria artistica della Palestina dalla nascita dello stato di Israele. Una Debriefing session che ha poco di teatrale, se non nel senso che forse gli avrebbe dato Goffman quando parlava di “vita quotidiana come rappresentazione”, e molto di politico.

Nel frattempo, in altri spazi cittadini Alessandro Sciarroni, fresco di Leone d’Oro alla Biennale di Venezia, spiega a un gruppo di cittadini i passi base della polka chinata, per tenere in vita una tradizione che rischia di estinguersi, mentre un gruppo di indigene azdore – attiviste impegnate in pratiche trasgressive e catartiche – invita a visitare un lugubre ma poetico tempio dedicato a Eva Britt Niemi, nonna dell’artista svedese Markus Öhrn e simbolo di una femminilità agguerrita.

Altrove, si può interagire con l’installazione Guilty Landscapesdell’artista olandese Dries Verhoeven: dieci minuti di confronto con una giovane lavoratrice asiatica in un’assordante fabbrica, un dialogo muto e illusorio, fatto di sguardi e contatti impossibili, una pausa di ritrovata umanità nel contesto squallido e alienante del mondo globalizzato. E quando il peso della realtà diventa insostenibile ci si può concedere una pausa rigenerante in una vasca di deprivazione sensoriale, galleggiando al buio in una sorta di liquido amniotico, una “forma di resistenza improduttiva” che, come promesso dagli organizzatori del collettivo Macao di Milano, “può cambiare la vita”.

Tra una conferenza, un’installazione video sul sequestro della nave-soccorso Iuventa, accusata di favorire l’immigrazione clandestina, un workshop e uno spettacolo da strada, si è vista a Santarcangelo anche la dissacrante danza di Silvia Gribaudi, in scena con tre danzatori per demolire gli stereotipi della bellezza da manuale. Il suo Graces, prendendo spunto dalle grazie del Canova, si propone come uno straniante divertissement che chiama in causa il pubblico, per dimostrare come certi stereotipi siano di fatto improponibili nel caos in divenire della società contemporanea . Se non è facile trovare una nuova forma per la danza prossima ventura, se è difficile fare i conti con le sopravvivenze di un linguaggio che ha fatto il suo tempo – dal balletto classico ai più vieti modelli da talent televisivi – si può almeno prenderle in giro, smascherarne la falsità e la vacuità non prendendosi troppo sul serio. L’ironia, che Gribaudi sa governare al meglio, non invecchia mai.

Ma in questi tempi di confusione e incertezza, sopravvivono anche forme ibride di citazionismo e pastiche ereditate dal postmoderno. Cristina Kristal Rizzo, ad esempio, ha chiamato a raccolta il pubblico di Santarcangelo, nel senso che lo ha voluto proprio a ridosso del quadrato scenico, in una prossimità confidenziale per meglio trasmettergli le sensazioni contrastanti che produce il suo nuovo spettacolo Ultras – Sleeping Dances. Quattro danzatori e la stessa Rizzo migrano da lenti e dimessi movimenti a frenetiche e vitalistiche esplosioni di danza libera, che se da un lato trasmettono forza, bellezza e una vaga sensazione di benessere, molto presto rivelano dettagli inquietanti e sgradevoli. Le bocche dei danzatori cominciano misteriosamente a sanguinare e i loro serafici volti iniziano a deformarsi in un irrefrenabile pianto autoindotto.

Alcune leggiadre musichette pop e le parrucche che i performer indossano nella prima parte dello spettacolo contribuiscono a creare un’atmosfera vagamente vintage, mentre le esplosioni isteriche della seconda parte fanno pensare piuttosto a un copione da fanta-psyco. Ma è proprio a questa ambiguità che sembra voler mirare Cristina Rizzo, per trasmettere agli spettatori quella sensazione di inquietudine che contraddistingue lo spirito dei nostri tempi, nei quali piacere e dolore, orrore e bellezza possono convivere al di là del bene e del male. 49° Santarcangelo Festival. Fino a domenica 14 luglio 2019.

Roberto Giambrone, Il Sole 24 Ore

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