Prima serata tutta italiana, ambulance quella di ieri a Umbria Jazz, con due dei maggiori esponenti di questo stile. Stefano Bollani ha portato la propria personale rilettura dell’opera di Frank Zappa, e Paolo Fresu il quartetto di fiati Brass Bang. Entrambi progetti già sperimentati dal vivo e documentati su dischi ma in continua evoluzione. “Sheik Yer Zappa”, che è una parafrasi del titolo di uno dei dischi più celebri di Zappa, si dimostra zappiano più nello spirito che nella forma.
Del genio di Baltimora riprende, più che i tratti di un carattere iconoclasta e beffardo fino alla provocazione, quelli superbamente creativi di un musicista che non si chiudeva mai in gabbie formali. I temi servono come spunto per l’improvvisazione più libera e non sono intoccabili partiture anche se si chiamano Peaches en regalia, Lumpy Gravy o Uncle Meat. Sono le composizioni “che stiamo massacrando”, scherza Bollani. Nemmeno la formazione (piano e tastiere, vibrafono, contrabbasso e batteria) è esattamente zappiana in senso stretto, ma nonostante questo o forse proprio per questo la musica che ne risulta è quanto di più vicina all’essenza della musica di Frank Zappa si possa ascoltare oggi. Nulla a che vedere con certe riletture “filologiche” che a Zappa non sarebbero piaciute per niente.
Nella band spicca il batterista Jim Black, che è presente anche nel disco registrato live nel corso del 2011. Altro clima con Brass Bang! (con il punto esclamativo) che significa quattro fiati e precisamente due trombe (lo stesso Fresu e Steven Bernstein) un trombone (Gianluca Petrella) ed una tuba (Marcus Rojas). Niente sezione ritmica. Può essere vista come una riedizione delle brass band modello New Orleans, una trasposizione per ottoni del classico quartetto d’archi, o come un richiamo alle bande popolari.
O come la sezione fiati delle big band del jazz tradizionale. In ogni caso, con Paolo Fresu è uno strumento con cui divertirsi e divertire, mentre molto seria è la qualità musicale, assolutamente elevata sia come insieme che come valori individuali. Il repertorio folleggia tra i Fuochi d’artificio di Haendel ed i Rolling Stones di As tears go by, la Black and Tan Fantasy di Ellington ed il Fred Buscaglione di Guarda che luna. Tra scrittura ed improvvisazione, passa un’ora di musica “colta” e scanzonata.