La coppia si ritrova in una commedia amara tra borgate romane e piccola delinquenza
Mentre il nostro ministro della sicurezza proclama di voler attentare alle cassette di sicurezza (tassa in arrivo per i cassettisti, stando a Matteo Salvini), due popolari attori romani da poliziotti diventano ladri.Si tratta di Giorgio Tirabassi e Ricky Memphis, sempre in coppia nella fiction tv Distretto di polizia, dov’erano tutori dell’ordine e da oggi passano dall’altra parte della barricata. E sempre in coppia sono al cinema con Il grande salto, un amaro cineromanzo d’amicizia, ladrocinio e sfortuna. Un racconto dal sapore pasoliniano, fatto di «gnente» (si parla in romanesco e il «niente» è citatissimo) e girato dallo stesso Tirabassi, qui anche sceneggiatore, insieme a Daniele Costantini, già assistente di Sergio Citti, altra figura di riferimento di area pasoliniana. Siamo dunque nel cuore di Tor Bella Monaca e di qualsiasi altra borgata afflitta da ladri di ogni fascia, alta e bassa.«I nostri sono ladri di serie C, quasi impiegati di mezza tacca che, alla sera, rientrando commentano con altri ladruncoli le loro meschine imprese», dice Tirabassi, che esordisce alla regia, mettendo a fuoco la natura tragica del sottoproletariato romano, quando cerca la scalata sociale tramite metodi delittuosi. Il colmo è raggiunto nella scena in cui Nello (un Memphis tragicomico) e Rufetto (Tirabassi) vanno a rapinare una tabaccheria e, mentre si calano i passamontagna, vedono scappare dal negozio altri due ladri, che li hanno preceduti. Si ride e si riflette in questa loro opera, in mezzo a rom capitanati da Marco Giallini, imperdibile col coltellaccio alla cintura di finto pitone, cadaveri appesi al sottovia e sfasciacarrozze votati a Rebibbia. Non a caso, la coppia di maldestri rapinatori cinquantenni, qui protagonista, ha trascorso quattro anni al fresco, dopo un colpo andato a male. Il fatto è che ci vorrebbe un grande salto di qualità… Bisogna ingegnarsi a studiare colpi più importanti.«L’idea del film mi è venuta dopo aver portato a teatro questa storia, che però avevo presentato in maniera surreale. Sul grande schermo, invece, ho abbassato i toni. Con una recitazione più realistica, ponendo il Destino sempre sullo sfondo», spiega il regista classe 1960, padre tappezziere e madre contabile, arrivato alla popolarità come Commissario del X Tuscolano in Distretto di polizia. Diretto da autori come Ettore Scola e Marco Risi, Tirabassi tenta in prima persona il grande salto: come cineasta. Anche se, inizialmente, i produttori erano spaventati dai toni drammatici e malinconici della sua storia. Per dire: quando Nello va in pellegrinaggio per chiedere la grazia d’una vita migliore, diventa cieco proprio sotto alla croce del Monte Santo. Del resto, se non fosse intervenuta Medusa a distribuire il film, esso restava al palo. «Ho cominciato a lavorare molti anni fa e già sentivo dire che il teatro era in crisi e che il cinema stava morendo. Forse, nelle difficoltà, il cinema italiano dà il meglio. Non dobbiamo scimmiottare i film americani, ma perseguire una nostra via. Anche se rispetto chi fa film alla matrixiana», scherza Tirabassi, che ha diretto i suoi amici di sempre. Tra i quali, Lillo e Valerio Mastandrea, per lui «attori intelligenti, con i giusti tempi comici».Gli encomi, naturalmente, arrivano anche da parte di Ricky Memphis, più sornione che mai quando precisa di non frequentare per nulla le borgate, anche se recita spesso parti da coatto capitolino. «Lavorare con Giorgio? Non è stata una sorpresa. Lui s’interessa del dietro le quinte, segue gli attori passo passo e non si gira addosso. Ma gira quel che poi monterà. E ha pure occhio per la poesia», afferma l’attore, poliziotto militante nelle serie poliziesche più fortunate, come Ultimo.Parzialmente girato in Abruzzo, tra il lago di Campotosto, l’Aquila e lungo la strada statale 80 del Gran Sasso, Il grande salto ripropone una coppia collaudata e stavolta cucinata in salsa mesta. Eppure la tensione si allenta, tra un rovescio di fortuna e l’altro (si vede pure un fulmine a ciel sereno, che manda all’aria tutto), attraverso battute e invenzioni estemporanee. Come quella di trasformare Nello il cieco in un richiestissimo testimonial televisivo della resilienza.
Cinzia Romani, ilgiornale.it