Pino Daniele e l’altro omaggio dell’amico James Senese

Pino Daniele e l’altro omaggio dell’amico James Senese
Il colpo d’occhio è di quelli destinati a durare. Non è la prima volta che succede, li avevamo appena visti insieme al San Paolo, ma un set così… L’Arena Flegrea apre la stagione con un concertone gratuito, una sorta di festival verace di Napoli Nord, viste le provenienze dei tre protagonisti. Apre con un trionfo, seimila persone che «messaggiano o ritmo» e «abballano o messaggio», ma anche con una polemica netta, chiara: «Noi facciamo una cosa diversa dall’altra sera. Il nostro è un omaggio vero a Pino», dice Enzo Avitabile, prima di attaccare «Terra mia» con James Senese, che aveva già iniziato il tributo «vero» con la sua versione di «Chi tene o mare». Poche parole, ma semplici, i due sassofonisti c’erano sul palco del concertone, hanno dato l’anima, ora, anche senza gettare troppa benzina sul fuoco, dicono la loro suonando, ricordando quanto tutto è iniziato nella cantina, anzi la grotta di Geremia Blue, alla Sanità, con un gruppo di lazzari felici e ribelli che decisero di chiamarsi Batracomiomachia più per il suono del nome che per Leonardi, le rane e i topi.

Il colpo d’occhio dell’Arena che si illumina come una notte stellata grazie ai telefonini, il grido «Pino, Pino, Pino», James con la mano sul cuore, Enzo pure, in platea canta anche il sindaco de Magistris: tu chiamale, se vuoi, emozioni.

Tutto era iniziato con Napoli Centrale, la creatura più amata del padre del neapolitan power: Senese, 73 anni, soffia nel suo sassofono confessando di aver vissuto, con lui: il jazz rock seminale della band oggi formata da Gigi De Rienzo, Ernesto Vitolo e Agostino Marangolo, è un magma di afronapoletanità, è il cesello degli americani di Napoli, tiene insieme melodie antiche e gli spigoli dei Weather Report, del David elettrico. «Io canto o cuorpo elettrico», sarebbe un bel titolo per il suo prossimo album, per ora, a festeggiare i suoi 50 (e più) anni di carriera è uscito il doppio live «Aspettanno o tiempo». «È na bella jurnata», «Viecchie, mugliere, muorte e criature», «Simme jute e simme venute» sono veleni dolci, carezze carnali, spasmi d’ammore.

Proprio come «Tutte eguale song e criature, «Mane e mane», «Salvammo o munno», «Canta Palestina», che Avitabile propone nel suo set con i Bottari di Portico e la Black Tarantella band. Qui il ritmo si fa parossistico, le radici melodiche e ritmiche campane, il dialetto e la tarantella scandita su botti e tini si tengono con i suoni del mondo, ma non con le paure dell’«altro», del «diverso». L’Arena urla insulti nei confronti di Salvini, tifa per l’Acquarius e il popolo migrante, «Chest’è l’Africa» è un trattato sul colonialismo nuove e antico e spunta perfetta in scaletta. Enzo e James fondono «Soul express» e «’A gente e Bucciano», triettano con il nipotino Luche’ che spara le rime assassine di «Int”o rione», accennano a «It’s a man’s man’s man’s world» e «Sex machine».
Un tripudio, che lascia la notte fonda all’ex Co’sang, con il suo rap a suo modo figlio e nipote di Senese e Avitabile, ma anche diverso, com’è giusto che sia. Bella notte, davvero, orgogliosa, identitaria ma non passatista: «Essere napoletano è meraviglioso», dice uno striscione in platea, per la gioia degli artisti, degli organizzatori (dai Floro Flores al «debuttante» Claudio De Magistris), della bella conduttrice Maria Silvia Malvone.

Federico Vacalebre, Ilmattino

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