Alessandro Borghese: «giusto che il pesto diventi patrimonio Unesco»

Alessandro Borghese: «giusto che il pesto diventi patrimonio Unesco»

«La cucina è amore» è il mantra dello chef Alessandro Borghese, diventato ancora più pop grazie al programma televisivo4 ristoranti”, che ripartirà il 21 giugno su Sky. Lo chef, oggi dalle 19.30, sarà all’Obicà dell’Outlet di Serravalle per un aperitivo speciale aperto a tutti. Si tratta di una catena di cui è il creative chef.

 

Il suo è un progetto di “food to share”. Che cosa significa?

«È un filone che prevede di mettere il cibo al centro della tavola e di condividerlo, è molto semplice. Il core business è la bufala campana con cui giochiamo, mischiandola ad altri sapori regionali. La catena ha ristoranti in tutto il mondo, dall’America all’Inghilterra e ovviamente anche in Italia. Viene rievocata la tradizione del cicchetto padovano, un aperitivo senza tempo: un buon bicchiere di vino e cibo da stuzzicare, per goderne insieme».

Ormai mangiare con calma è quasi un lusso.

«Alla domenica, con le mie bambine, se in tavola ci sono dei buoni formaggi, degli affettati e qualche cosa da bere, si mette tutto al centro e si condivide. Parte la chiacchiera e si vive un momento di pace con cibo di qualità. Non c’è bisogno di chissà cosa per essere felici, il “food to share” ha sempre fatto parte delle nostre vite».

Le piace la cucina ligure?

«Caspita. Dal carciofo di Perinaldo al cappon magro, passando per il pesto di Pra’. Il pesto è un caposaldo, è giusto che si porti avanti l’iter per farlo riconoscere patrimonio Unesco».

Non si è stancato della domanda “che cosa cucinerebbe per fare colpo su un invitato?”

«Infatti rispondo: “chiedetelo all’invitato”. Cucinare quello che davvero piace a una persona è la chiave di volta, non bisogna arrampicarsi sugli specchi o improvvisare».

Lei non è uno chef “cattivone”.

«La cucina è un atto d’amore, è condividere, divertirsi. È giusto essere seri quando di mezzo c’è un aspetto imprenditoriale, ma gli chef non fanno operazioni a cuore aperto, quindi un po’ di leggerezza è fondamentale».

La sua visione dello chef?

«Semplice: colui che fa da mangiare, non che insegna a mangiare. Non bisogna fare confusione. Se un cliente viene nel mio ristorante e mi dice che vuole bere vino rosso mangiando pesce, gli faccio notare che non è una scelta azzeccata, ma se lui è convinto mi preoccuperò di fargli assaggiare i miei migliori rossi. Il gusto e il piacere vincono sempre. Quel cliente si ritaglia del tempo e spende dei soldi per mangiare: ha diritto a essere felice, non a prendere lezioni».

Claudio Cabona, ilsecoloxix.it

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