Lo spunto sono i 40 anni dal fatidico 1977 in cui «tutto cambiò». L’anno di Lama cacciato dall’università dagli autonomi, di Cossiga che proibisce ogni manifestazione di piazza, di Giorgiana Masi uccisa durante un corteo radicale e pacifico, di Radio Alice chiusa, delle Br che prima gambizzano e poi uccidono, dei fascisti che sparano e ammazzano, di Bologna, Milano, Roma in rivolta. Come dice il titolo del ciclo di 15 film – che Iris manda in onda fino al 15 marzo stravolgendo il proprio palinsesto – fu anno di «Back Out»: ovvero di cesura, interruzione, tra il prima di un movimento che era politico ma anche ludico e pacifico, e un dopo, che fu cupo di violenza e terrorismo. «Un anno che durò molto di più», secondo Paolo Liguori, direttore di TgCom24, che quel periodo visse molto intensamente sul fronte della politica (militante e giornalista di “Lotta continua”). Per questo i titoli che compongono la rassegna coprono il decennio: si va da «Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto» del 1970, che apre la programmazione, a «Bologna 2 agosto… I giorni della collera» del 2014, ricostruzione di fatti e clima da metà anni 70 a 1980, anno delle bombe alla stazione di Bologna.
«Approfittando della ricorrenza – dice Marco Paolini, direttore generale del palinsesto Mediaset, che alla selezione delle pellicole ha contribuito – abbiamo voluto proporre una riflessione su un periodo che pare remoto e i giovani non conoscono». Ci sono classici come «La classe operaia va in paradiso» di Petri, «Maledetti vi amerò» di Giordana, o «San Babila ore 20: un delitto inutile» di Lizzani. E i più recenti «Lavorare con lentezza» di Chiesa, «La prima linea» di De Maria, «Aldo Moro. Il presidente» di Tavarelli, «Mio fratello è figlio unico» di Luchetti. Persino l’incongruo «Il ragazzo del pony express», in quanto testimonianza della fine di un’epoca, prodromo di disimpegno, disoccupazione, precarietà. In comune «il fatto di mostrare un periodo – secondo il direttore di Iris Marco Costa – e i cambiamenti che avrebbe prodotti nella nostra società». Gli anni di piombo che trascolorano negli edonistici 80. «Per questo – dice ancora Paolini – penso che il film “Pasolini” di Abel Ferrara sia il più emblematico del ciclo. Lo scrittore morì nel 1975 ma aveva già prodotto analisi che individuavano perfettamente dove stava andando l’Italia».
Tra titoli molto noti e parecchio visti, spiccano due opere interessanti e quasi sconosciute nella loro interezza, documentari realizzati all’interno del movimento, che ottimamente rappresentano il clima politico e certo bipolarismo dell’epoca: «Pagherete caro pagherete tutto» del Collettivo Militante Milanese (in onda il 14 marzo) e «Festival del Proletariato Giovanile a Parco Lambro» di Alberto Grifi, del 1976 (13 marzo)
Il primo fu girato a Milano durante manifestazioni e scontri dell’aprile 1975, prima e dopo le morti di Varalli e Zibecchi; il secondo invece racconta la festa organizzato dalla rivista “Re Nudo”, gli ultimi sussulti di un movimento libertario e non violento che droga e terrorismo avrebbero stroncato. «Due documenti importanti, con storie molto particolari e pieni di curiosità» secondo il critico Tatti Sanguineti, che su Iris tiene la rubrica «Storie di cinema». Di «Pagherete caro», ricorda «esistono varie versioni “di parte”, del Pci ma anche di Potere Operaio». «Festival» invece, venne girato per lo più in video (strumento allora nuovissimo) ed è la sintesi di decine e decine di ore di riprese, «con momenti esilaranti e quasi farseschi».
«Il nostro cinema cambiò» dice ancora Sanguineti del nostro cinema in quegli anni. «I grandi maestri uscivano di scena. I nuovi cineasti erano cresciuti “dentro” al movimento. Il terrorismo fu il tema che più impattò su di loro. Il meglio della produzione è Rai: figlio dell’unico compromesso storico che si sia realizzato davvero, sospeso tra i “padri” Lizzani e Rondi».
La Stampa