“Monet. Capolavori dal Musée Marmottan Monet di Parigi” a Genova, nel Palazzo Ducale

“Monet. Capolavori dal Musée Marmottan Monet di Parigi” a Genova, nel Palazzo Ducale

Tutte provenienti dal Musée Marmottan Monet di Parigi, le oltre 40 opere esposte sono delle vere icone della produzione artistica di Monet e ne raccontano l’intera produzione. Quelle in mostra a Genova, fino al 22 maggio, sono infatti le opere del Maestro impressionista a cui lui stesso teneva di più: quelle conservate nella sua casa di Giverny fino sua alla morte.

L’eccezionalità della mostra al Palazzo Ducale, curata d Marianne Mathieu, storica dell’arte e direttrice scientifica del Marmottan Monet, risiede nell’amore e nell’intimità che emanano i capolavori esposti, allestiti in maniera del tutto inedita e suggestiva nelle varie sale del Munizioniere. Un abbraccio che viene dalla la luce e la bellezza della natura ritratta e che coinvolge lo spettatore.

Ad accogliere il pubblico, opere come le “Ninfee” (1916-1919 ca.), “Iris” (1924-1925 ca.), “Emerocallidi” (1914-1917 ca.), “Salice piangente” (1918-1919 ca.), le varie versioni de “Il ponte giapponese” e la sua ultima, straordinaria opera “Le rose” (1925-1926 ca.). E ancora: prati, ponticelli dai colori impalpabili e viali di in fiore. Un giardino virtuale in un’esperienza immersiva dentro una natura ritratta in ogni sua sfumatura, variazione di luce, tempo o stagione. Perché, come il pittore diceva: “Voglio dipingere l’aria, voglio dipingere l’impossibile...”

Oltre alle opere, anche tante foto d’epoca e gli strumenti del Maestro, tra cui anche la sua leggendaria tavolozza. 

“Questa mostra è figlia di quel ‘5 minuti con Monet’ che abbiamo allestito durante la pandemia” ha dichiarato Serena Bertolucci, direttrice di Palazzo Ducale. “E’ stata infatti possibile grazie alla fiducia che il museo Marmottan ha avuto in noi dopo quei famosi ‘5 minuti con Monet’, in cui i visitatori avevano 5 minuti per rimanere da soli, a tu per tu con la celebre opera”. La direttrice, parlando dell’allestimento, ha aggiunto: “è quello che vorremmo fossero le mostre post Covid: accoglienti, chiare, per una minima parte digitalizzate. Torniamo nei musei, torniamo a cercare la luce e il colore. Un altro tentativo innovativo che grazie alla ‘complicità’ e alla collaborazione con il museo Marmottan e Arthemisia riusciamo a fare”.

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