L’incursione del riscatto di Maurizio Crozza sul palco del Teatro Ariston assume le sembianze del senatore Razzi. Il comico, che nelle prime quattro sere del festival è apparso in collegamento e che non entrava all’ Ariston da quando nel 2013 fu contestato con dei fischi, per la finale raggiunge i conduttori in scena, dopo un inizio in finto collegamento. E dopo un esilarante dialogo con Carlo Conti e Maria De Filippi, canta la canzone “Establiscimento”, un inno razzista e sgrammaticato intonato dal finto senatore. “Carlo, attaccati al Trump”, recita il ritornello.
“Siamo qui all’Indesit”, dice il senatore a Conti. “No, siamo all’Ariston”, lo corregge Conti. “Ma no, l’Ariston faceva i frichi”, dice il ‘senatore’ tra le risate della platea. “Devo dire una cosa importante, che mi esce dal colon: a Sanremo ci prenderei la residenza. Quando ho visto quelli del comune che timbravano i cartellini in mutande ho pensato: quello è il paradiso”. Poi confessa che “Papaveri e pecore” è la sua canzone di Sanremo. Il senatore si sente un uomo “tutto casa chiusa e chiesa”. Il discorso passa a Donald Trump: Conti gli chiede cosa pensi dell’oleodotto sulla terra dei pellerossa, e Razzi-Crozza replica: “Se hai la pelle rossa ti metti la pasta di fissan”. Razzi storpia più o meno tutti i nomi: Conti diventa “Carlo acconto” e quando il conduttore nomina i “retaggi”, il senatore sbotta: “Lasciamola lavorare Virginia Retaggi!”.
Arriva anche l’inevitabile “Carlo, fatte li caz.. tua, sul muro col Messico” di Trump: “La cucina messicana ti rimane tutta qua. Ti sei mai chiesto perché speedy gonzalez correva?”. Lo sketch si chiude con il momento canoro introdotto da Maria De Filippi (che diventa Maria De Filippa Lagerback). La conduttrice lancia il codice “00amicocaro”. E Razzi incalza: “ma quando stiri sei così lenta?”. E prima di iniziare a cantare, si gira, la bacia sulla bocca e le consegna 10 euro: “Tu non puoi lavorare gratis, è diseducativo per i bambini”. La platea dell’Ariston lo saluta con un’ovazione. Pace fatta.
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