Dopo le polemiche dell’anno scorso, estromesso il filosofo: “Eppure non ero circondato da giganti…”
Due nomi nuovi nella giuria del premio Campiello. E chi lascia la giuria dei letterati della kermesse veneziana? Lo storico Riccardo Calimani, presenza decennale al premio e Stefano Zecchi, scrittore e docente di estetica alla Statale di Milano, oltre che firma del Giornale.
In giuria… dall’anno scorso. Un unico anno in cui il professore ha sollevato una polemica sui criteri di selezione e di votazione dei romanzi ammessi al Campiello: un sistema che aveva definito «delirante» e «umiliante» perché prevede, per i giurati, la lettura di circa 250 libri in quattro mesi, il che equivarrebbe a due libri al giorno, per centoventi giorni di fila. Zecchi non era stato l’unico a lamentarsi della quantità di volumi impossibile da leggere: anche Roberto Vecchioni, proprio l’anno scorso aveva ammesso di non avere letto la stragrande maggioranza dei titoli. Zecchi aveva anche affermato di provare «profondo fastidio» verso una «giuria di eterni», quella dei letterati del Campiello, appunto. E di avere «la certezza che la letteratura non esiste più».
Ieri il comunicato del Premio, sulla decisione del Comitato di gestione presieduto da Andrea Tomat, che non specifica motivazioni, ma si limita a un «ringraziamento per il lavoro svolto, con un particolare apprezzamento per la decennale attiva e proficua partecipazione di Riccardo Calimani». E Zecchi? «Ho ricevuto una lettera dal nuovo presidente Andrea Tomat – racconta – nella quale diceva che la mia presenza al Premio, per la rotazione dei giurati, era terminata. Senza alcuna motivazione». Come l’ha presa? «Capisco che, in punta di diritto, lo statuto preveda che il presidente possa cambiare i giurati, quando lo ritenga opportuno. Ma credo sia rarissimo che un giurato arrivato l’anno precedente sia subito cambiato». Zecchi si spiega la decisione così: «Detto in modo gesuitico, non hanno apprezzato il mio contributo al Premio. Evidentemente non avevano una grande apertura affettiva nei miei confronti. Ci saranno dietro altre cose, che devo capire, approfondire. Ma, visto che non mi hanno dato una motivazione, devo supporre che non abbiano apprezzato quello che ho fatto lì». Non è che avranno qualcosa a che fare le sue critiche dell’anno scorso? «Sì, è vero, ho segnalato che c’erano delle cose da rivedere nel Premio. Ma la trovo una spiegazione anche banale… Fatico a credere che l’espressione di un punto di vista possa diventare un casus belli. Probabilmente ci saranno state delle situazioni che mi hanno messo in cattiva luce. Voglio capire il perché, potrebbe essere ingiurioso». Ingiurioso? «Qualcuno ha voluto calcare la mano su di me. Anche se, ripeto, il presidente ha tutti i diritti di rimuovere o mettere chi crede».
La lettera, spiega Zecchi, è arrivata «probabilmente durante le feste natalizie»: «Ero via, l’ho trovata al ritorno a casa, due giorni fa. Una cosa sgradevole». Professore, si sente epurato? «È una parola grossa, non la dico. Diciamo che trovo sgradevole la cosa, per come si è sviluppata; anche per il modo cafone in cui mi è stata detta, senza neanche una telefonata di cortesia prima di ricevere la lettera. Mi amareggia il modo cafone in cui mi hanno detto di non partecipare più». Insomma non è stato epurato? «Certo mi sento cacciato, in modo cafone. La politica? Non so se c’entri, potrebbe, mi mette lei la pulce… E poi dal punto di vista dei giurati, ecco, sarò presuntuoso, ma non mi sento circondato da giganti: non posso pensare che il mio contributo sia stato inferiore al loro. Quindi devo approfondire, però la cosa è antipatica e cafona». Anche se ribadisce che la prima reazione, di fronte alla lettera in cui gli veniva comunicata la fine della sua partecipazione alla giuria è stata di sentirsi «amareggiato».
Da parte del Premio Campiello la spiegazione del cambiamento è che «ogni anno i componenti della giuria cambiano, non c’è una motivazione specifica». Come mai proprio quei due nomi? «Nell’ambito del turnover dei cambiamenti è stato deciso così».
I due giurati appena nominati sono Paola Italia (docente di Letteratura italiana all’università di Bologna) e Lorenzo Tomasin (stessa carica all’ateneo di Losanna). Il Comitato di gestione ha annunciato che quest’anno presidente della giuria dei letterati sarà l’attrice Ottavia Piccolo. La cinquantacinquesima edizione del Premio è ufficialmente aperta: la cinquina finalista sarà annunciata il 26 maggio, quando la giuria si riunirà a Padova e assegnerà anche il premio Opera Prima. Il vincitore, scelto dalla giuria dei trecento elettori anonimi, sarà annunciato sabato 9 settembre al Teatro la Fenice di Venezia.
Eleonora Barbieri, Il Giornale