Michael Stipe e l’arte oltre la musica: “la vulnerabilità come qualità” in mostra a Milano

Michael Stipe e l’arte oltre la musica: “la vulnerabilità come qualità” in mostra a Milano

In attesa del ritorno alla musica con il primo album solista, scopriamo Michael Stipe come artista a tutto tondo, grazie alla mostra personale I have lost and I have been lost but for now I’m flying high, che Fondazione ICA Milano presenta dal 12 dicembre al 16 marzo.

L’ex leader dei R.E.M. ha scelto l’Italia, e Milano in particolare, per la sua prima l’esposizione d’arte che ha come tema centrare la vulnerabilità come qualità, “come strumento di accessibilità agli altri” per “mostrare sé stessi attraverso tutto quello che siamo”, come ha raccontato durante la presentazione.

Le ispirazioni dell’artista

“Mi piacciono le opere degli irregolari”, racconta Stipe durante la conferenza stampa, spiegando che nella mostra si riferisce a molti fotografi e artisti (“Ho studiato e apprezzato molto l’arte e il genio fotografico di Robert Mapplethorpe”), in modo specifico “all’italiana Marisa Merz con un omaggio al suo lavoro e a Brancusi, che è uno dei miei eroi”. 

Il tema della mostra

Il progetto espositivo, curato da Alberto Salvadori e pensato appositamente per Milano, ha il suo fulcro nel ritratto, interpretato attraverso un ventaglio di linguaggi espressivi che spaziano dalle fotografie alle copertine di libri, dalle ceramiche alle sculture in gesso e inchiostro, plastica e cemento, fino alle opere audio. La mostra, come spiega Michael Stipe “non è un assemblaggio ma è come un testo, che ha un inizio e una fine. E’ un progetto unitario”. E nel booklet racconta che la vulnerabilità diventa un superpotere… Una mappa che descrive le difficoltà del nostro presente mettendo in luce nuove opportunità e una rinnovata comprensione della nostra importanza, non solo per noi stessi, ma anche per coloro che ci circondano, per le nostre comunità, per il nostro mondo. In questo momento scelgo di concentrarmi sul bene più prezioso, sulla brillantezza, sulla bellezza e sulla giocosità della vita. Ho perso e mi sono perso, ma per ora sto volando alto”.

La scrittura poetica come asse centrale della mostra

Ispirazione centrale è la celebre poesia “Desiderata” (1927) di Max Ehrmann. In particolare, le opere che alludono direttamente al poema, “Desiderata2027” e “Desiderata Teleprompter”, destrutturano e riconfigurano il testo originale, ampliando e amplificando generosamente i temi della vulnerabilità al suo interno attraverso la visione personale di Stipe, che invita a una più ampia interpretazione da parte del pubblico.

Le fotografie

Il costante interesse dell’artista per la ritrattistica è rappresentato nella mostra attraverso molteplici media. Stipe ha iniziato a scattare fotografie a 14 anni, ritraendo dapprima i suoi eroi, tra cui Freddie Mercury, i Ramones, Tom Verlaine e Patti Smith, e documentando in seguito anche la comunità di artisti e musicisti di Athens, in Georgia, di cui è stato una parte centrale a partire dai primi anni Ottanta. In queste relazioni, che Stipe ha costruito e mantenuto negli ultimi quattro decenni, mentorship, amicizia e collaborazione si mescolano intimamente. Per la mostra, l’artista ha creato opere che incarnano e riflettono la molteplicità dei ruoli che queste persone hanno avuto nella sua vita, dalla loro rappresentazione come soggetto al loro coinvolgimento nella creazione fisica delle opere stesse. Le artiste Angie Grass e Libby Hatmaker sono fondamentali per la creazione dei lavori multimediali che interpretano Desiderata, mentre l’artista Michael Oliveri, direttore di produzione di Stipe, e la ceramista Caroline Wallner hanno lavorato con lui alla realizzazione delle sculture. Il fotografo David Belisle, da sempre responsabile dello studio di Stipe, ha stampato meticolosamente a mano ogni fotografia inclusa nella mostra attraverso una serie di processi analogici. “Viviamo in tempi molto difficili – dice Stipe – ma resto un ottimista”.

La mostra diventa un autoritratto

La mostra Grazie alla vulnerabilità, la mostra nel suo complesso diventa un autoritratto in cui la vita personale e pubblica di Stipe sono in grado di esistere in una miriade di forme che rispecchiano le modalità in cui l’artista si è mosso e ha visto il mondo durante la sua vita. Di conseguenza, le opere incluse rappresentano una testimonianza della sua comprensione dell’esperienza umana: una serie di collisioni significative di energie apparentemente diverse, allo stesso tempo trovate e realizzate, analogiche e digitali, generative e permeabili, misteriose e rivelatrici. Per dirla con l’ex cantante dei R.E.M., “l’arte è come la musica: emozione”.

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