«Non riesco a cancellare quella notte in cui ho visto Stefano per l’ultima volta: aveva la febbre a 39 e mezzo, se ne è andato con il 118 guardandomi con lo sguardo impaurito e perso». Tiziana Giardoni, 50 anni tra pochi giorni, vedova di Stefano D’Orazio, racconta in lacrime quelle ultime ore con il suo «Sdo», morto in solitudine, come tante vittime del Covid. «Non l’ho potuto salutare, né fargli una carezza: lui ne aveva bisogno, perché noi ci addormentavamo così». Il coronavirus ha preso il sopravvento su un fisico già debilitato dalla immunodepressione, che da due anni tormentava l’ex batterista dei Pooh. «Dopo un controllo di routine siamo risultati entrambi positivi al Covid: un leggero mal di gola, una tosse fastidiosa». Poi, all’improvviso, alle 3 di mattina, la temperatura di Stefano D’Orazio è salita. «Ho chiamato il 118, lo hanno portato via mentre li supplicavo di farmi salire: continuavo a dire “anche io ho il Covid”. Ma non c’è stato nulla da fare».
La immunodepressione
Non smette di piangere Tiziana, che due anni fa aveva realizzato il sogno di sposare Stefano, facendo cambiare idea a uno scapolo di ferro. Lui, dalla battuta sempre pronta, diceva che sposandosi tardi avrebbe avuto meno tempo per pentirsi. Ma nessuno avrebbe immaginato così poco. «Stefano aveva cominciato ad avere delle febbriciattole. Ma per tirarmi su il morale provava a farmi ridere o mi diceva di uscire con le amiche: non l’ho lasciato mai una volta, so che ne aveva paura». La sofferenza per quella malattia poco «codificata» era insopportabile. «A volte avrebbe preferito avere un nemico con un nome e cognome da combattere, invece non c’era qualcosa di definito da aggredire. Arrivavano quei momenti di down e lui ne usciva spossato».
Un colpo di fulmine
Quella tra Tiziana e Stefano è stata una grande storia d’amore, nata nel 2007 a un compleanno. «Aveva iniziato il corteggiamento a modo suo, con allegria. Io non sapevo neppure chi fosse». Un colpo di fulmine, che non ammetteva attese. «La mattina dopo il nostro primo incontro, alle 6, già avevo nel telefonino un suo messaggio: dopo che aveva scoperto che anche il suo amico mi aveva chiesto il numero di telefono, temeva di arrivare «tardi». Da quel giorno non ci siamo più lasciati: è una magra consolazione, ma so che Stefano non ha mai amato nessuna come me. E io l’ho ricambiato totalmente».
La lettera d’amore
Una storia fatta di attrazioni e diversità, a partire dalla pignoleria di Stefano, nato sotto il segno della Vergine. Gli amici sorridevano dell’aneddoto della carta igienica, raccontato da Stefano per dire che le donne vengono da Venere e gli uomini da Marte. «Tiziana la mette sempre con lo strappo posteriore, io la voglio frontale». Tutte le occasioni erano buone per ricordare la fortuna di averla incontrata: «Come nella lettera scritta per il mio ultimo compleanno, quando già debilitato, diceva “auguri amore mio, le fatiche non sono finite, ma mi piace credere che i giorni che verranno saranno migliori».
«Una persona migliore»
Durante i funerali Tiziana ha ricordato come lei stessa sia diventata una persona migliore, dopo i 13 anni trascorsi al fianco di Stefano. «Lui era incapace di un commento negativo su qualsiasi persona e io, accanto a lui, avevo imparato a smussare i miei punti di vista. L’occhio benevolo verso gli altri si esprimeva in rimproveri semi-seri che suonavano più o meno così: “ma che davvero hai pensato quello che dici?”». La beneficienza era un’abitudine: «Stefano toglieva a se stesso per dare agli altri, non solo alla sua famiglia che amava alla follia, ma anche a tanta gente, che ha avuto la prova della grande generosità di mio marito». Tra i progetti c’era quello di presentare il suo ultimo libro: «Faceva le prove facendo su e giù per le scale di casa, voleva farsi trovare in forma. È straziante vedere la sua agenda, dove lui annotava, da anni, ogni singolo evento della giornata. Dal 29 ottobre è bianca».
Michela Proietti, Corriere.it