Gad Lerner torna da domenica su Rai3 con «Ricchi e poveri» la nuova serie di reportage dedicata all’inasprirsi delle disuguaglianze che spaccano la nostra società
«Jeff Bezos (l’inventore di Amazon), Bill Gates (il fondatore di Microsoft) e il finanziere Warren Buffett possiedono in tre tanto quanto 160 milioni di americani, la metà della popolazione degli Stati Uniti. Solo ai tempi del Re Sole succedeva». L’analisi politica stemperata dall’ironia che anziché annacquare il concetto lo rafforza. Un viaggio nelle disuguaglianze sociali, tra lusso e miseria, tra disagio e abbondanza, nella forbice sempre più aperta che separa chi ha tantissimo da chi ha pochissimo. Gad Lerner torna da domenica su Rai3 in seconda serata con Ricchi e poveri («come da immaginario sanremese»), la nuova serie di reportage dedicata all’inasprirsi delle disuguaglianze che spaccano la nostra società.
Si parla di Italia, ma non manca uno sguardo nel resto del mondo per raccontare il divario tra Messico e Stati Uniti o quello tra le spiagge di Malindi e le discariche di Nairobi in Kenya. Lerner fa tappa anche a Londra, davanti allo spettrale scheletro della Grenfell Tower, nel cui rogo, la notte del 14 giugno, sono morte oltre 80 persone. «La “Torre brutta” dava fastidio, deprezzava il mercato immobiliare dei ricchi, così per nasconderla la municipalità l’aveva ricoperta con un make up di pannelli pagati pochi soldi. Materiale non ignifugo che ha trasformato l’incendio in una trappola mortale. Tutto per risparmiare 2 sterline a pannello». Il capitalismo è sempre più aggressivo e violento, accampa diritti ma non si assume doveri, si rifugia in paradisi fiscali e delocalizza in inferni reali: condivide? «È così, il capitalismo cerca di pagare il lavoro sempre di meno con invenzioni di fantasia. Nella prima puntata intervisteremo Concetta Candido, la disoccupata che si è data fuoco per protesta nella sede Inps di Torino. I lavoratori del birrificio in cui era assunta sono stati esternalizzati in una cooperativa: chi la presiedeva? La moglie del padrone».
La società dello spettacolo in cui siamo immersi sembra fatta apposta per non far pensare la gente, l’individualismo imperante porta come paradossale conseguenza all’omologazione: «In televisione c’è il mito di raccontare la vita dei ricchi e l’imbarazzo nel mostrare la vita dei poveri. La povertà va tenuta nascosta, quasi fosse una colpa. Mi ha colpito come la donna che si è data fuoco fosse molto attiva su Facebook, postava e condivideva foto e link, raccontava di sé, eppure non ha accennato alle sue difficoltà». Forse perché nella Instagram society la merce da vendere siamo noi stessi, conta la finestra abbellita, soprattutto se nasconde il vuoto della stanza.
Renato Franco, Corriere della Sera