Dal 12 ottobre la docu-serie È andata così, con Stefano Accorsi
“Ne ho fatte di cose in 30 anni di carriera: canzoni, film, racconti, romanzi, poesie. Sono sempre andato a testa bassa, senza fermarmi mai”.
Quello che mancava a Luciano Ligabue era una serie tv. Un pezzo del puzzle che si completa a partire dal 12 ottobre con “Ligabue – È andata così”, 7 capitoli (ognuno composto da tre episodi di 15 minuti) online su RaiPlay per 5 ore di programmazione con la regia di Duccio Forzano, per raccontare la carriera del rocker su e giù dal palco, ma anche 30 anni di storia italiana. “E anche per sfatare un mito: che io sia riservato. Nelle mie canzoni ho raccontato tanto di me”.
Insieme al Liga, a tenere il filo della narrazione tra aneddoti e ricordi che vanno dalla fine degli anni Ottanta a oggi, Stefano Accorsi, amico, complice, confidente e voce narrante nei panni di un deejay (nonché protagonista dei suoi film Radiofreccia e Made in Italy). “Luciano è sorprendente – racconta l’attore in un videomessaggio, perché impegnato con il primo ciak di un film – e con lui non ci si annoia mai. Mi auguro che la nostra collaborazione continui anche in altre forme. Io ci sono”. E Ligabue sembra aver già raccolto l’invito dell’amico: “In chiusura della serie ci facciamo una promessa su quello che faremo in futuro”. Chissà che non possa essere un progetto tv, uno dei pochi tasselli che ancora mancano al corposo curriculum del cantautore. A tracciare il ritratto dell’artista anche tanti amici e colleghi, da Francesco De Gregori a Mauro Coruzzi, passando per Linus, Federico Poggipollini, Walter Veltroni. E non ci sono solo i successi, i fan adoranti, gli stadi stracolmi, ma anche gli inciampi, le zone d’ombra, le crisi. “Ne ho vissute tre. La prima dopo il terzo album: sembrava che tutto il successo ottenuto fino a quel momento fosse improvvisamente sparito. La seconda è stata personale, alla fine degli anni ’90: non riuscivo a gestire la popolarità e avevo anche pensato di ritirarmi. Poi l’ultima legata a Made in Italy, un progetto molto articolato tra album e film. Mi sono ritrovato a perdere la voce e ho avuto la sensazione che non sarebbe più stata quella di prima”.
Sullo sfondo sempre la provincia emiliana: “E’ una delle cose per cui sono identificabile: ho sempre vissuto lì e non me ne sono mai voluto andare. Una delle cose che in 30 anni non sono cambiate, come l’impossibilità di rinunciare a fare concerti, che è sempre stata la mia stella polare”. E proprio a quelli guarda, dopo due anni di stop causa covid. “Per me è una sorta di dipendenza, sono tossico dell’esperienza live. Ora vengo da un’astinenza lunghissima, mai capitata prima: attendo con ansia giugno”. Quando, pandemia permettendo e dopo i rinvii, il 4 giugno è previsto “30 anni in un (nuovo) giorno” la festa alla nuova Arena di Campovolo. “Sto friggendo nella mia personale padella in attesa di tornare alla normalità, ma capisco la giusta cautela, fino a quando non ci si sentirà al sicuro”, aggiunge Ligabue (che il 16 ottobre sarà protagonista alla Festa del Cinema a Roma con Fabrizio Moro per la presentazione del videoclip ufficiale della canzone Sogni di rock’n’roll, uno dei suoi primi successi), commentando il decreto sulla capienza per gli spettacoli dal vivo. “Un entusiasmo crescente ci ha accompagnato in questi mesi, mentre i vari capitoli di ‘Ligabue – E’ andata così’ erano in preparazione – commenta Elena Capparelli, direttore di RaiPlay e Digital -. Un vero regalo, lungo trent’anni, per il nostro pubblico e per i fan di Liga, che ci regala ancora una volta emozioni, musica e parole”. Un viaggio che mette insieme immagini di repertorio, dialoghi scritti ad hoc e testimonianze di ospiti, in un continuo avvicendarsi di differenti registri narrativi tra fiction, docu, attualità. “E’ andata così”, ma se non fosse andata così? “Chissà – chiosa il Liga -, credo che avrei cambiato molti lavori, come avevo fatto fino al momento di sfondare nella musica. Ma chi può dire se oggi ne avrei trovati..”.
Ansa.it