Ed Sheeran è uno che sa stare sul palco da solo davanti a un intero stadio, come ha dimostrato anche di recente in Italia. Però per il suo nuovo album «No.6 Collaborations project» ha deciso di circondarsi di tante persone. Ventidue artisti, scelti tra i suoi preferiti, che lo affiancano nelle 15 tracce in uscita oggi e che vanno da «big» come Justin Bieber, Eminem, 50 Cent, Travis Scott e Bruno Mars a nomi meno conosciuti come Yebba, Paulo Londra o Young Thug.
Ventotto anni, fenomeno del pop da quando ne aveva poco più di 20, Sheeran ha voluto questi duetti per riprendere un’idea avuta prima di diventare una celebrità, quando ancora non aveva venduto 45 milioni di album e infranto ogni record con il terzo «÷» (è l’artista più ascoltato al mondo su Spotify, ad esempio): «Prima di avere un contratto discografico ho fatto molti ep. Uno si chiamava “No. 5 Collaborations project” con rapper inglesi di cui ero fan. Non ho più fatto collaborazioni su pezzi miei da allora», ha raccontato al presentatore Charlamagne Tha God nella sua unica intervista.
Così, mentre era in tour, Ed ha chiamato in studio tutti gli artisti di cui era fan che gli capitavano a tiro «non tanto per realizzare una canzone, ma solo per me», dice. Ne è venuta fuori «una compilation» fatta uscire per suo piacere: «Non è il passo successivo della mia carriera, è qualcosa che ho voluto rendere pubblico per poi andare avanti al mio prossimo album». La sua casa discografica è abituata alle briglie sciolte: «Siccome sono sempre stato imprevedibile, l’ultima cosa che mi possono chiedere è un altro brano come “Shape of you” o “Thinking out loud”. Mi lasciano essere creativo».
Ma per arrivare a questa libertà, spiega, serve la formula giusta: «Ci vuole personalità, e tanto lavoro, e serve talento. Senza queste cose non puoi avere successo». E lui cosa ha sviluppato per primo? «La personalità, perché cosa puoi fare se sei solo un ragazzo bruttino dai capelli rossi e gli occhiali? Puoi solo essere simpatico». Una simpatia che l’ha reso un idolo: il disco, lanciato dal singolo «I don’t care» con Justin Bieber, già di platino, è celebrato in questi giorni da una serie di pop up store sparsi per il mondo (a Milano, fino a domenica, c’è un «Ed Quarter» alla Mondadori del Duomo con merchandising, photo booth, palco per cantare le sue canzoni).
Contiene grandi dosi di rap e di r’n’b, ma poi salta fra i generi. Così da un lato ci sono le rime fulminee di «Take me back to London» con il rapper Stormzy, in cui emerge la sua nostalgia del pub e degli amici di sempre perché puoi fare gli stadi «ma nessun posto è come casa» o quelle altrettanto autobiografiche di «Remember the name» con la coppia d’oro Eminem e 50 Cent. Dall’altro ecco le ballate romantiche («Best part of me» con Yebba, ma anche «Way to break my heart» che esplode nell’elettronica di Skrillex), gli ammiccamenti latini (in «South of the border» con Camila Cabello e Cardi B e in «Nothing on you» con Paulo Londra e Dave), fino al finale rock con le schitarrate di «Blow» insieme a Bruno Mars e Chris Stapleton. «Non vedo generi diversi — spiega Sheeran —. Può esserci musica divertente o musica triste. O ogni tipo di musica che mi provoca sensazioni, questa è la musica che mi piace».
Barbara Visentin, Corriere.it