Al teatro greco di Siracusa per un’ora e mezza il «papà» di Montalbano ha esplorato a modo suo il mondo, mitico, poetico e letterario, di Tiresia
«Ho fatto una vita di teatro, di televisione, di radio. Ho scritto più di cento romanzi. Un mio personaggio, Montalbano, percorre felicemente il mondo. Poteva bastarmi, no? No, non mi bastava. Perché a 90 anni, diventato cieco, mi è venuta una curiosità immensa di capire; no, di capire no, è un verbo sbagliato; di intuire cosa sia l’eternità, quella eternità che ormai sento così vicina a me. E allora ho pensato che venendo qui, in questo teatro, tra queste pietre veramente eterne, sarei riuscito ad averne almeno un’intuizione». È il congedo di Andrea Camilleri dal pubblico del teatro greco di Siracusa che ieri sera, al termine di una serata unica nella quale per un’ora e mezza il «papà» di Montalbano ha esplorato a modo suo il mondo, mitico, poetico e letterario, di Tiresia, lo ha abbracciato con un lunghissimo, affettuoso applauso: un tributo e un ringraziamento che ha commosso tanto quanto le parole con cui Camilleri ha quasi voluto «giustificarsi» per questa sua inedita prova di cantante delle gesta del personaggio omerico, uomo-donna-uomo, da secoli nelle pagine di poeti e scrittori: «Da quando non ci vedo più, vedo le cose più chiaramente».In un racconto di un’ora e mezza fatto in una scena essenziale (firmata con le luci da Angelo Linzalata) che ricreava lo studio dal quale in tv introduce gli episodi del commissario Montalbano, Camilleri, seduto sulla sua poltrona, ha ripercorso il personaggio di Tiresia, come lui arrivato da grande alla cecità, attraverso il mito della Grecia antica e arrivando fino ai giorni nostri, da Omero a Ezra Pound, da Dante a Pasolini, per concludere con la sua partecipazione, proprio nel ruolo di Tiresia, al film di Woody Allen “La dea dell’amore”: «Ecco, quello è stato il momento in cui dopo secoli, persona e personaggio si sono finalmente riuniti». La serata al teatro greco, inserita nel cartellone delle rappresentazioni classiche dell’India, il glorioso Istituto del Dramma Antico di Siracusa, per il pubblico che ha riempito completamente la cavea è stato un vero e proprio tributo al grande maestro siciliano che sente il peso degli anni («a settembre saranno 93», ha detto); ma per Camilleri è stato un atto d’amore verso la letteratura di tutti i tempi, grazie a un personaggio che sente vicino soprattutto da quando ha perso la vista. Ed è stato sorprendente sentirlo raccontare Tiresia attraverso gli autori di tutte le epoche che ne hanno parlato, con attenzione ma anche con ironia, con un tono affabulatorio che ha affascinato il pubblico. La regia di Roberto Andò con efficacia e con leggerezza ne ha accompagnato il percorso («Un semplice stargli al fianco», scrive Andò nelle note di regia), sottolineato dalle musiche di Roberto Fabbriciani da lui stesso eseguite in scena, dai suoni di Hubert Westkemper e dai video di Luca Scarzella. Per ultimo, Camilleri ha citato Primo Levi e ciò che ritiene il rischio più grave «di trasformazione» in questa epoca dominata da egoismi e paure: «Quello da uomo a non uomo. Per questo occorre salvarsi grazie alla poesia». Un lascito, appunto. Con un auspicio e un augurio finale per tutti: «Mi piacerebbe che ci rincontrassimo tutti quanti, qui, in una sera come questa, tra cento anni!».
Fabio Albanese, lastampa.it