BOB MARLEY, IL SOGNO REGGAE CHE CONQUISTÒ IL MONDO: A 35 ANNI DALLA MORTE È ANCORA VIVO

BOB MARLEY, IL SOGNO REGGAE CHE CONQUISTÒ IL MONDO: A 35 ANNI DALLA MORTE È ANCORA VIVO

L’11 maggio 1981 moriva il cantautore giamaicano che più di ogni altro è riuscito a entrare nell’immaginario occidentale: uno spirito libero portatore di messaggi di pace e uguaglianza al ritmo di roots e dub: “Emancipate voi stessi dalla schiavitù mentale”

Bob-MarleyC’era un tempo nel quale la musica aveva il potere di cambiare le coscienze di chi la ascoltava, di unire la spiritualità e la fisicità, la politica e l’amore, la passione e la rabbia, la protesta e l’immaginazione, il sogno e la realtà. Era il tempo in cui Bob Marley regnava nel mondo del reggae e della musica popolare, prima stella arrivata nel cuore dell’Impero dalla periferia del mondo, da una piccola isola caraibica, la Giamaica.
Ci possono essere modi diversi per celebrare e ricordare Robert Nesta Marley.
Il più semplice e immediato è quello di ascoltare alcune delle sue canzoni più belle, quelle che hanno contribuito in maniera sostanziale a farne crescere il mito e la leggenda, brani come No Woman No Cry, o Is this Love, o Get Up Stand Up, o Lively Up Yourself, o…sono decine e decine, canzoni memorabili che sono entrate a far parte della cultura popolare del pianeta, canzoni senza le quali la nostra vita sarebbe stata peggiore, sarebbe ancora peggiore. Canzoni di libertà, di pace, di ribellione, di amore, canzoni di verità e di sogno, di spiritualità e di carne, di storia e leggenda, che ancora oggi risuonano senza sosta in ogni angolo del mondo.
Poi ci potremmo limitare a ricordare che senza di lui forse non conosceremmo il reggae, quella fantastica musica in levare che ha cambiato le sorti della musica moderna. Non avremmo buona parte del rap, non avremmo di certo l’universo dei dj, non conosceremmo l’arte della parola nel ritmo così come la conosciamo oggi, senza il contributo determinante della musica giamaicana alla musica popolare moderna, alla musica afroamericana, alla dance.
Potremmo ancora dire che Marley è stato un poeta, un combattente, potremmo dire che era animato da una spiritualità completa e assoluta, assolutamente cieca, o che era posseduto da una qualche divinità che parlava a noi attraverso di lui. Potremmo dire che conosceva il potere del suono e del ritmo e li usava per seminare “buone vibrazioni” del mondo intero, che parlava dritto al cuore della sua gente, del popolo nero che lui ambiva a riportare alle radici, all’Africa, ma che al tempo stesso parlava dritto al cuore dei diseredati, degli oppressi, alle anime perdute in cerca di una nuova “casa”, a chi voleva abbandonare la realtà e vivere in una società diversa. Potremmo dire che era un’utopista, un sognatore, un visionario, in grado di trasformare le proprie visioni in musica.
Potremmo dire tante cose e tante altre ancora. Ma la cosa più triste è che oggi non esiste un musicista come lui, non esiste qualcuno che pensi che la musica possa essere un’arma da usare per la pace, per rendere il mondo migliore, per unire tutti con “one love, one heart”. Oggi si pensa a costruire muri, non ad abbatterli. E troppe poche persone al mondo prestano ancora orecchio al messaggio e alla musica di Robert Nesta Marley.

di ERNESTO ASSANTE, La Repubblica

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