C’è voglia di raccontare un po’ di ottimismo. Magari si dimostrerà anche esagerato, tuttavia, nel commentare l’andamento dei conti 2019 di Mediaset e dei primi mesi del 2020 con l’emergenza da coronavirus, traspare l’imprinting del fondatore Silvio Berlusconi, quei sorrisi, quel guardare avanti senza farsi fiaccare dalle avversità. Intanto Matteo Cardani, direttore generale della concessionaria Publitalia, spiega che i primi due mesi del 2020 hanno visto una raccolta pubblicitaria in crescita del 2,1% sullo stesso bimestre 2019. Anche le prime due settimane di marzo, alla fin fine, chiuderanno senza scossoni. Ovvio, da quando domenica 8 marzo il premier Giuseppe Conte ha allargato l’emergenza chiudendo, di fatto, tutta l’Italia, ecco, da lì saranno dolori per un paio di mesi. Ma, secondo Cardani, meno di quello che uno potrebbe pensare: «I settori dell’alimentare, del pharma, dell’elettronica, delle tlc, del retail che poi significa e-commerce, stanno andando molto bene in questa situazione di emergenza, e hanno mantenuto inalterato il loro livello di investimenti. Poi c’è l’automotive che sta rinviando il lancio dei nuovi prodotti di due-quattro-sei settimane. Quindi, niente panico. L’unico comparto che è in vera sofferenza è quello che comprende l’entertainment, il cinema, il divertimento, i viaggi, il lusso, date le restrizioni alla nostra vita sociale. Ma questo settore pesa, sul totale raccolto da Publitalia, solo per il 6-8%. Quindi, la mia posizione resta sempre quella: stiamo calmi e niente panico».
Peraltro, aggiunge Cardani, «la business community di concessionarie, clienti, agenzie e centri media ha reagito velocemente alla emergenza in tutta Italia, siamo in smart working a distanza e il business procede regolarmente».
Infine, proprio in una situazione così grave per la salute pubblica, la televisione si afferma «come il mezzo più centrale e decisivo. Le audience crescono, arrivano davanti al piccolo schermo un sacco di Millennials, e in questi giorni le campagne hanno performance migliori, in media, del 10%».
In effetti Mediaset ha chiuso il 2019 con una share complessiva sul target 15-64 anni sulle 24 ore del 34,3%, davanti a Rai (29,8%), Sky (9,9%), Discovery (8,8%) e La7 (3,5%). Valutando i soli sette grandi canali generalisti, i tre del Biscione si sono attestati al 25,7%, i tre Rai al 22,5% e La7 al 2,9%. Ecco, in gennaio e febbraio 2020, anche parzialmente sulla spinta da coronavirus che ci fa stare in casa (ma il tutto avrà impatti più importanti da marzo in poi), gli ascolti dei canali lineari di Mediaset (15-64 anni) sono saliti al 34,9% (+1,2 punti sul primo bimestre 2019), e al 37,9% sul target 15-34 anni (+1,4 punti). Con enormi soddisfazioni sul fronte degli ascolti su device digitali, ora rilevati da Auditel: le video views sono cresciute del 248%, i contenuti Mediaset hanno 36,8 milioni di viewers attivi al mese, l’addressable advertising aumenta tantissimo. «Non possiamo ancora parlare di total audience. Ma quando, tra il 2020 e il 2021 i dati della tv lineare e di quella digitale saranno fusi», svela Cardani, «noi stimiamo che per i nostri 8-10 programmi più importanti ci sarà una crescita di share nell’ordine dei cinque-otto punti».
I vertici di Mediaset non possono ancora prevedere, comunque, quanto sarà l’effetto del coronavirus sui conti del 2020: «Di sicuro sarà minimo nel primo trimestre», commenta Marco Giordani, direttore finanziario del gruppo, «e per il resto abbiamo dimostrato di essere molto flessibili. Non stiamo cancellando nessuna produzione, semplicemente risparmiamo risorse per quando il mercato tornerà normale».
Sul risparmio di costi, in effetti, il 2019 è stato da manuale: oltre 700 milioni di euro in meno, con un calo del 20% che ha saputo quindi rispondere bene al -14% dei ricavi netti consolidati.
L’esercizio del gruppo guidato dal vicepresidente e a.d. Pier Silvio Berlusconi si è chiuso con ricavi netti per 2,92 miliardi di euro, di cui 1,98 mld in Italia (-18,1%), e 946,2 milioni in Spagna (-3,5%), con una raccolta pubblicitaria che in Italia, a parità di perimetro (ovvero al netto di Mondiali di Russia e pay tv), è arretrata del 3,6% (non c’è più il betting, male il black friday e, in generale, il Natale). Da incorniciare il risultato operativo, molto buono a 354,6 milioni (73,7 mln nel 2018), con un contributo di 91,3 milioni dall’Italia e di 264,9 milioni dalla Spagna. Il risultato netto complessivo è di 190,3 milioni (97,4 mln) con 76,3 milioni dall’Italia e 211,7 mln dalla Spagna.
Infine, prosegue il piano di Mfe-Media for Europe, con un processo di consolidamento tra broadcaster europei che «adesso ha ancora più senso rispetto a nove mesi fa. Siamo il primo azionista di ProsiebenSat.1Media», dice Giordani, «ma senza atteggiamenti aggressivi. Monitoriamo la situazione tedesca, guardiamo alle strategie imposte dal management, che vorrebbe spingere anche sull’e-commerce. Ecco, diciamo che Mfe è molto focalizzato sul mestiere di broadcaster piuttosto che sull’e-commerce».
Claudio Plazzotta, ItaliaOggi