KONG – SKULL ISLAND di Jordan Vogt-Roberts, AUTOPSY (THE AUTOPSY OF JANE DOE) di André Øvredal, IL PADRE D’ITALIA di Fabio Mollo, IL DIRITTO DI CONTARE (HIDDEN FIGURES) di Theodore Melfi, LA LUCE SUGLI OCEANI di Derek Cianfrance: anticipazioni e recensioni
di Anna Maria Pasetti e Davide Turrini
KONG – SKULL ISLAND di Jordan Vogt-Roberts. Con Tom Hiddleston, Samuel L. Jackson, Brie Larson, John C. Reilly. Durata: 118’. USA 2017 Voto 4/5 (AMP)
Dimenticare gli anni Venti, signorine di bianco vestite e l’Empire State Building “conquistato” dal gorilla gigante: il nuovo King Kong si avvicina più ad Apocalypse Now mescolato a Jurassic Park che ad ogni altro precedenti episodio della saga. Torbido e infuocato, lo scenario del blockbuster firmato Warner Bros offre il volto dolente dell’America sconfitta alle prese con i propri incubi, che assumono le fattezze del più pop fra gli scimmioni del cinema. Di questo, infatti, si nutre il kolossal adventure diretto dal semisconosciuto Vogt-Roberts, oltre che di un cast di superstelle. L’anno della missione esplorativa su Skull Island – isola nel Pacifico estranea alla cartografia ufficiale – è il 1973, ovvero sul chiudersi della guerra in Vietnam, uno dei fallimenti bellici e morali più eclatanti della storia a stelle&strisce. Lo squadrone di reduci dalla vicina Saigon incaricato a scortare gli scienziati è guidato dal fomentato colonnello Preston Packard, soldato duro e puro che disconosce la sconfitta (“Non abbiamo perso la guerra, l’abbiamo abbandonata”) ed è dunque incapace di mettere a fuoco un’evidenza dai compagni invece compresa: “questo mondo non ci appartiene”. Con lui un ex capitano della britannica SAS, una fotografa pacifista e – incontrato sull’isola – un sopravvissuto della II Guerra Mondiale, quella che ancora proclamava i valori patriottici liberi da ambizioni egotiche. King Kong diventa il protettore (ambientalista) di tutti quanti, contro un nemico ben più pericoloso tutto da scoprire nel filmone. Da vedersi possibilmente in 3D ed IMAX.
AUTOPSY (THE AUTOPSY OF JANE DOE) di André Øvredal. Con Brian Cox, Emile Hirsch, Ophelia Lovibond. Gran Bretagna, 2016. Durata: 86’. Voto 3/5 (DT)
“Ogni corpo ha un segreto. Solo che alcuni lo nascondono meglio di altri”. C’è del lavoro straordinario da fare nella “morgue” della famiglia Tilden a Grantham in Virginia. In mezzo alla mattanza in una casa privata lo sceriffo della contea ha rinvenuto il corpo nudo di una ragazza morta e semisepolta in cantina. Tocca all’esperto Tommy e al figlio Austin “aprire” la salma e offrire alle autorità la causa di morte. I due rinunciano alla pausa serale e tentano di risolvere il complicatissimo rebus autoptico perché la ragazza con le pupille ingrigite, qualche insetto che esce da bocca e naso, caviglie e polsi fratturati ha però un corpo perfettamente integro. Intanto fuori dall’obitorio si sta scatenando la bufera e un sicomoro caduto blocca la porta d’uscita… Horror intrigante che mostra subito come cifra visiva cervelli asportati, budella putrefatte, sangue colante, tronchesi e seghe elettriche tritaossa. I dettagli del corpo della ragazza “morta” osservati in una continua presunta soggettiva si mescolano ad un abile e mai ridondante attesa in crescendo dell’apparizione (e soluzione) orrorifica tenuta in piedi anche da un solido apporto attoriale. Con un leggero ammiccare ad Aftermath di Nacho Cerdà, e lo sguardo insospettito di Stan Brakhage sui toraci aperti, Autopsy segnala la buona salute del cinema del terrore fine a se stesso senza troppe pretese sociologiche. Il bel corpo steso sul tavolazzo di metallo è dell’attrice Olwen Catherine Kelly.
IL PADRE D’ITALIA di Fabio Mollo. Con Luca Marinelli, Isabella Ragonese. Durata: 93’. Italia 2017 Voto 3/5 (AMP)
Trentenni in cerca di identità. Ciò che dovrebbe compiersi in età appena post adolescenziale, nei personaggi del nuovo film di Fabio Mollo avviene da adulti: un viaggio di formazione da Nord a Sud d’Italia, dal passato al futuro di due giovani. Diversamente problematici, Paolo è omosessuale e introverso, Mia è uno spirito libero e incinta di 6 mesi. Si incontrano per caso in una discoteca, il primo soccorre la seconda più da se stessa che dal mondo esterno, e s’incarica di accompagnarla nel profondo Sud del Paese dove risiede la sua famiglia, con esiti che solo vedendo il film si chiariranno. Alla sua opera seconda “in lungo”, Fabio Mollo raffina lo sguardo e intensifica la presa sul proprio linguaggio, mai banale seppur leggermente calcato. Le atmosfere psicologico-ambientali arrivano al cuore della narrazione, così come i protagonisti Marinelli e Ragonese approdano ai loro destini. Entrambi generosi nell’interpretazione, è indubbio che il talento dell’attore romano brilli sulla pur diligente attrice siciliana, che di lui diventa comunque un chiaroscuro significativo. Film imperfetto ma vibrante, che apre non poche domande sulla delicata questione del desiderio di genitorialità.
IL DIRITTO DI CONTARE (HIDDEN FIGURES) di Theodore Melfi. Con Taraji P. Henson, Octavia Spencer, Janelle Monáe. Usa, 2016. Durata: 122’. Voto 2,5/5 (DT)
Virginia, 1961. Space Task Force della Nasa. Preparazione e attesa per l’orbitare intorno alla terra di John Glenn. Tra enormi lavagne a muro, pannelli, scalette, gessetti, curve ed equazioni, lavorano la matematica Katherine, la supervisore di un team di calcolatrici Dorothy e l’aspirante ingegnere Mary. Sono tre donne. Nere. Bagni separati, mensa separata, occhiatacce separatiste dai colleghi (al 99%uomini) tutti in camicia bianca e cravattino nero. Solo che il capo, mister Harrison (Kevin Costner a suo agio nell’indossare i panni di un simil Jim Garrison), intuisce che Katherine toglierà le castagne dal fuoco per il rientro di Glenn sulla terra grazie ai suoi prodigiosi e rapidissimi calcoli ancora non travolti dai cassoni computerizzati IBM. Nell’impossibilità di capire gli arzigogoli stampigliati sulle lavagne (un po’ come in tutti i film sui prodigi delle matematica) lo spettatore osserva l’orbita storica de Il diritto di contare più come un sognante film di superoi(ne) che di un vero e proprio pamphlet politico antirazzista (leggasi Loving in uscita a breve in Italia e coevo a Hidden Figures negli Usa). Messa in scena laccata tutta d’interni Nasa, tinte soleggiate e pastello per gli esterni, l’intrattenimento educativo di Melfi guarda all’insù in attesa del ritorno di Glenn, quasi come se la riuscita della missione spaziale disegnata delle geniali ragazze nere fosse proporzionale al loro grado di emancipazione razziale. Terzetto apparente di protagoniste quando tutti il peso dello script grava sulle spalle robuste, dimesse e speciali della convincente Taraji P. Hanson.
LA LUCE SUGLI OCEANI di Derek Cianfrance. Con Michael Fassbender, Alicia Vikander, Rachel Weisz. Usa/Nuova Zelanda 2016. Durata: 133’ Voto 2/5 (DT)
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