Riparte il 12 gennaio su La7 il programma di attualità. «La campagna elettorale per noi è una mamma di spunti. I social? Molta comicità involontaria»
Con il nome del nuovo programma, Propaganda Live, con cui sono passati a inizio stagione da Rai3 a La7, si erano portati avanti. Ora, dopo la pausa natalizia, Diego «Zoro» Bianchi & C. si ritrovano catapultati in onda in piena campagna elettorale, tra nuovi simboli, sigle e insidie della par condicio. Un bel serbatoio per questa mescolanza unica di attualità e satira politica. «Per il programma è una manna, tanti spunti su cui lavorare. Molte stravaganze e colpi a effetto notevole, si farà fatica a selezionare».
Con cosa partite il 12 gennaio?
«Ci sarà un reportage tra i migranti al confine tra Italia e Francia, tra neve e rischio valanghe. Ospiti in studio, Achille Bonito Oliva e Paolo Fresu».
Cosa è cambiato dai tempi di «Gazebo»?
«Siamo nati con questa legislatura, con la non vittoria di Bersani, e poi gli incarichi al Quirinale a Letta, Renzi, fino a Gentiloni. Lì venivamo dalla stagione dei gazebo, adesso siamo in campagna elettorale, la politica è propaganda. Noi ne sveliamo gli aspetti grotteschi».
Con le classifiche social che svelano punti deboli dell’ego-sistema della politica.
«I social media, Twitter, Facebook e Instagram, sono lo strumento di propaganda più fresco e anche più pericoloso. Sollecitano la vanità, danno l’ebrezza, trasversale a destra e sinistra, della misurazione immediata del consenso. Ma vanno maneggiati con cura, possono diventare di comicità involontaria irresistibile».
Come alcune sigle e simboli elettorali…
«La battuta è facile, ci sono più simboli che elettori, è difficile starci dietro. L’ultimo nato è il fiore petaloso di Lorenzin. Ormai è difficile essere originale, il generatore automatico di sigle è abbastanza alla frutta, le combinazioni possibili non sono più molte. Teniamo d’occhio anche la formazione delle liste».
Ci saranno sorprese?
«È un grande calciomercato applicato alla politica. Chiunque si sente all’altezza di fare deputati o senatori. L’idea è: “se lui ha fatto il ministro, posso farlo io”. Ma io resto un sostenitore del professionismo nella politica».
Non è cambiata la squadra: Makkox, Missouri 4, la band di Roberto Angelini.
«La forza è il lavoro di squadra, il gruppo che continua a raccontare l’attualità con l’amalgama dei nostri strumenti: i social, reportage, la musica, i disegni, gli spiegoni di Damilano, e Schianchi».
Cosa dice alla par condicio anche per i giornalisti?
«Non si è riusciti a far rispettare con efficacia quella per i politici; complicare ulteriormente le cose ascrivendo i giornalisti ad ‘aree culturali’ tutte da definire mi pare uno schizofrenico, inutile esercizio di stile».
Stefania Ulivi, Corriere della Sera