La serie, in onda il 21 ottobre su Sky HD, narra le vicende di Pio XIII, il Papa bizzarro e misterioso di nome Lenny Belardo interpretato da Jude Law. Che, dopo sette mesi di riprese a Roma, spiega: “È un personaggio che non ho capito fino in fondo. Per farlo sono dovuto entrare nel mondo di Paolo”
Un’opera d’arte e non di catechismo. “The Young Pope non è una serie provocatoria, lo dico perché io so come va a finire: bisogna vedere tutte e dieci le puntate”, dice Paolo Sorrentino affrontando di petto chi ritiene che la sua raffigurazione di un papa giovane e americano che fa colazione con Coca Cola alla ciliegia e usa le infradito, fuma e lancia invettive, possa provocare reazioni tra i cattolici e dal Vaticano. “In realtà basta seguire l’evoluzione del personaggio, di tutti i personaggi, per capire che non c’è nessun intento provocatorio”. Il regista ha presentato a Roma, affiancato da Jude Law, Silvio Orlando e parte del cast internazionale, la serie che dal 21 ottobre andrà in onda su Sky Atlantic alle 21,15. Una produzione originale di Sky, HBO, Canal+ (prodotta da Wildside e coprodotta da Haut ed Court TV e Mediapro), una “serie monumentale”, per definizione del regista, che punta sul carisma di Jude Law, che disegna un Papa bizzarro, imperscrutabile, misterioso, che non si tira indietro dall’affrontare le grandi questioni della Chiesa. “Non è facile recintare in poche parole un film così lungo su un tema così complesso. Direi che la serie fotografa una o più solitudini che abitano un territorio complesso e limitato che già di per sé è il manifesto dell’isolamento, della solitudine”, spiega Sorrentino. Piacerà ai cattolici questo film? “Se lo guarderanno con il trasporto che merita un quadro. Quando osservi un dipinto non lo fai per controllare se risponde al catechismo. Piacerà se avranno uno sguardo benevolo, staranno al gioco dei sentimenti umani. Allora si accorgeranno che The Young Pope parla alla loro umanità e prova a togliere dagli occhiali le macchie umide e incrostate del conformismo. Se si aspettano una lettura filologia allora no, non piacerà”.
Un’impresa costata 40 milioni di euro (“una cifra in linea con le grandi serie americane”, spiega Andrea Scrosati, executive vice president di Sky Italia) di cui il regista sta già scrivendo la seconda stagione. Una “serie monumentale”, per definizione del regista, che punta sul carisma di Jude Law, che disegna Lenny Belardo, un Papa bizzarro, imperscrutabile, misterioso, che fa colazione con la Coca Cola alla ciliegia ma poi affronta le grandi questioni della Chiesa.
L’estate romana di Jude. Sette mesi di riprese: “Tornando a Roma ho capito quanto sia stata importante per me l’esperienza di vivere qui. Ringrazio tutti per avermi fatto sentire felice, a casa. È bello essere tornato ed è bello l’effetto che questa serie, questo personaggio, hanno avuto su di me”. Per costruire il suo Pio XIII l’attore inglese è partito dalla postura: “Ho visto le immagini di molti pontefici del passato, avevano spesso le mani giunte oppure dietro la schiena. Indossando il costume di scena ho capito semplicemente che non avevano tasche. E ho iniziato ad assumere anch’io questo tipo di postura, che mantenevo anche fuori dal ciak”.
Nel backstage della serie, presentato all’incontro al cinema Moderno di Roma, si vedono molte scene in cui Law suggerisce movimenti e intenzioni del suo personaggio a Sorrentino: “In realtà il personaggio, la storia, appartengono al regista. Io cercavo solo di interpretare al meglio quello che Paolo aveva in mente, mettendomi al suo servizio”. Un personaggio, il suo, pieno di contraddizioni “che non ho capito fino in fondo. Ho iniziato studiando le vite di tanti pontefici e come i loro pontificati abbiano influenzato il Vaticano. Un’impresa da mettere paura, vista la sterminata bibliografia in materia. Ma poi ho capito che non era lì la risposta, che dovevo invece entrare nel mondo di Paolo”. Di Papa Francesco dice “Sono andato a vederlo subito, mi ero ripromesso di tornarci come pure di studiare italiano ogni mattina. Purtroppo non ho avuto modo di fare nessuna delle due cose”.
Che il ‘Young Pope’ sia il successore di Francesco? “Chi lo sa? – risponde Sorrentino – Lenny è una possibilità aperta davanti al cattolicesimo. Un improvviso bisogno di durezza che pensa davvero di rispondere così alle sfide della modernità e alla manta comprensione di un mondo che è diventato tutto a un tratto troppo largo e difficile da codificare. Lenny è il germe di un fondamentalismo cattolico che noi escludiamo a priori, come 50 anni fa avremmo escluso il fondamentalismo islamico”.
I tormenti del giovane papa. Nella prima scena della serie, prodotta da Wildside e già venduta in ottanta paesi, il giovane papa Jude Law emerge da una montagna di corpi neonati di ogni taglia e colore, gli occhi aperti o chiusi e si ritrova in una piazza San Marco notturna e sgombra. È l’avvio onirico di The Young Pope. L’elezione di Lenny Belardo, americano che prende il nome di Pio XIII, è stato eletto grazie a una strategia mediatica del collegio cardinalizio: i cardinali anziani lo hanno eletto pensando di poterlo gestire, preferendolo perciò al suo maestro, che tenta il suicidio. Il giovane papa fa colazione con Coca Cola alla ciliegia, gira in infradito candide, fuma molto. Di notte sogna di dare il via libera all’aborto, ma poi, dal pulpito in piazza San Pietro spegne con ira la gioia degli accorsi: “Non vi indicherò nessuna strada, cercatela”. Ha uno strano ascendente sugli animali, compresa una giraffa che lascia libera di scorrazzare in giardino, ed è piuttosto tagliente con vescovi e cardinali. Smonta rapidamente la macchina costruita da chi pensava di gestirlo come un fantoccio mediatico. Al contrario, nega la sua immagine, indicando all’addetta marketing i casi riusciti di Banksy e i Daft Punk.
“Il personaggio dice una cosa che ha un senso – spiega Sorrentino – l’oggi è caratterizzato dalla perdita del mistero. Pudore e mistero sono considerati non più necessari. Svelare se stessi viene considerata una attività proficua. Questo mio papa invece vuole mantenere il mistero e pensa che questa sia la strategia giusta per arrivare al successo. Un tema importante per il Vaticano che è sempre alla ricerca di allargare o almeno mantenere il numero dei fedeli”.
Crozza e il “packaging”. Tra la marea di complimenti a Sorrentino, qualcuno in conferenza stampa fa notare che la serie è un “packaging” di temi già affrontati raccontando il Vaticano e il clero: “Spero proprio di no – dice il regista – Il clero è sempre stato rappresentato o nella sua infallibilità o, soprattutto dagli americani, nella sua malvagità. L’idea era di raccontarlo per quello che è: esseri umani tra gli umani, con i loro pregi e i loro difetti, i loro limiti, le loro capacità, le loro incapacità: questo credo non sia mai stato fatto prima”. Commenta così l’imitazione di Crozza: “mi sono divertito” e poichè il comico ha ipotizzato un sua versione sorrentiniana di James Bond, il regista dice “Non so se sarei pronto, ma sì, girare uno 007 mi piacerebbe moltissimo”.
Repubblica