(FRANCESCA SCHIANCHI, pills LASTAMPA) Il sindaco di Roma: Porta a Porta non lo vedo più. E ora Fico apra un’indagine
Sindaco Marino, l’ha vista la puntata di «Porta a porta»?
«Me l’hanno raccontata, io non guardo “Porta a porta”».
E’ una dichiarazione programmatica?
«Sì. Non lo guardo da quando mi occupavo di una legge sulle cure del fine vita e Bruno Vespa mi invitò: proiettò immagini di malati non in stato vegetativo ma presentandoli come tali, facendo passare il messaggio che dallo stato vegetativo permanente sia possibile riprendersi. Questa non è informazione: da cattolico, penso che a guardare “Porta a porta” si faccia peccato e bisogna confessarsi».
Cosa l’ha fatta arrabbiare della puntata di martedì?
«Mi sento offeso come sindaco della capitale e come cittadino che paga il canone. Tutto dobbiamo fare meno che spettacolarizzare la mafia, che in questa città esiste come io denunciai in un’intervista appena 32 giorni dopo l’elezione».
Secondo Lupi, Brunetta, Santanché, Vespa ha fatto solo il suo mestiere.
«Sa, loro sono cresciuti nella forza politica nata con Berlusconi – a prescindere dai diversi partiti in cui poi si sono spostati – che era a capo di un governo il cui ministro Lunardi disse che con la mafia bisogna convivere… Era il 2001, io ero chirurgo a Philadelphia, fece notizia anche lì».
La famiglia Casamonica non andava invitata?
«Non conosco chi era in trasmissione e non mi permetto di dare giudizi su di loro, ma trovo offensivo che si dia spazio a un episodio che nell’immaginario collettivo, al di là delle responsabilità penali dei singoli, è stata vista come la prova di forza di una famiglia mafiosa. Oltre al danno, pure la beffa dello spazio in una trasmissione molto vista della tv pubblica. Spero che qualcuno in Rai ne risponda».
Chiede provvedimenti ai vertici Rai?
«Ho avuto un dialogo molto rigoroso con il presidente della Commissione di vigilanza Fico: ha dimostrato spesso grande determinazione, spero che svolga un’indagine per capire le responsabilità».
Sindaco, non c’è il rischio di cadere nella censura?
«No, perché a Roma, in un momento in cui, probabilmente, c’è un riequilibrio tra famiglie mafiose, il servizio televisivo pubblico non offre palcoscenici in cui esaltare la propria forza a chi ha realizzato una scenografia che usava il corpo di un morto per imporre la forza dei vivi».
Si aspetta che intervenga Renzi in qualche modo?
«La sede propria di un intervento è la Commissione parlamentare di vigilanza, non il governo. Ma conoscendo Renzi credo non abbia approvato una scelta culturale come quella di Vespa».
Vespa è da rottamare, per usare un termine renziano?
«Io vengo dal mondo anglosassone, dove quando qualcuno mantiene un ruolo per più di dieci anni si pensa sempre ci sia qualcosa che non va. Penso che ci siano tanti giovani giornalisti che sarebbero perfettamente in grado di sostituirlo».
Cosa avranno pensato di Roma i telespettatori?
«E’ stata un’ulteriore ferita all’immagine della capitale, che sta invece compiendo ogni passo per liberarsi del malaffare che, negli anni di Alemanno, era arrivato fin nelle stanze dell’amministrazione».
E che si prepara al Giubileo: dica la verità, si sente commissariato dal prefetto Gabrielli?
«Assolutamente no. Anzi: il fatto che oggi ci sia da parte dello Stato e della prefettura consapevolezza di quello che io da primo cittadino denunciai poco dopo l’insediamento mi dà grande forza».
Come sono i rapporti con Gabrielli?
«E’ un gentiluomo, un professionista straordinario: non c’è mai stata una decisione che non abbiamo condiviso, anche prima dell’indicazione del Consiglio dei ministri».
Si dice che non siano buoni i suoi rapporti con Renzi…
«Ho rispetto del presidente del Consiglio e sono sicuro che fa il tifo perché Roma esca nel modo migliore dalla sfida del Giubileo».
Che dovete affrontare con pochi soldi, però…
«E’ stata fatta una scelta diversa dal passato: usare i soldi di Roma. D’altra parte, non è più l’epoca in cui si può spendere, come fece Rutelli, 1700 milioni di euro».