“Tre giorni di pace e musica rock”. Ma è flop delle celebrazioni
La notizia del disastroso fallimento dell’organizzazione dell’edizione del cinquantenario di Woodstock lascia cadere un velo malinconico sull’imminente ricorrenza. “The Times They Are a Changin‘”, cantava Bob Dylan ai tempi in cui era ancora possibile sognare e vivere l’estate dell’amore. Oggi i tempi sono proprio cambiati e sono stati la finanza e i tribunali a decidere che l’edizione che avrebbe dovuto celebrare i cinquant’anni del più celebre festival musicale della storia non ci sarà. O meglio ci sarà: si svolgerà negli stessi giorni, dal 15 al 17 agosto, e nella stessa località, Bethel, dove c’è un museo e un auditorium da 15mila posti dove suoneranno alcuni dei reduci, come Johnny Winter, Santana, John Fogerty e i Blood, Sweat and Tears, oltre a Ringo Starr, la Tedeschi Trucks Band, i Doobie Brothers.Michael Lang, l’unico dei quattro organizzatori dell’evento originale ancora in attività nel settore (gli altri tre erano John P. Roberts, Joel Rosenman e Artie Kornfeld), si è dovuto arrendere: a mezzo secolo di distanza non è neanche immaginabile mettere in piedi un mega raduno all’insegna dell’improvvisazione e del caos logistico come avvenuto nel 1969. All’epoca i quattro, che erano partiti da un annuncio sul New York Times, pensavano a un raduno da 50mila persone: ne arrivarono 500mila che si trovarono di fatto senza alcun supporto, senza cibo né acqua e sostegno medico nella fattoria di Max Yasgur, un contadino di Bethel che affittò il suo terreno per 75mila dollari. Bethel è una cittadina nei dintorni di Woodstock, dove allora vivevano Bob Dylan e la Band. Poteva essere un disastro e invece si creò un mito.Come viene raccontato dal leggendario documentario di Michael Wadleigh, al quale lavorò un giovanissimo Martin Scorsese, l’organizzazione andò in tilt quasi subito: buona parte dello staff era fatta di acido e l’arrivo, del tutto imprevisto, di 500mila persone, rese impossibile l’accesso alla zona. L’unico modo per raggiungere la Max Yasgur’s Farm era l’elicottero. Ci si mise anche una pioggia torrenziale che interruppe le performance sul palco ma generò un’incredibile festa tra il pubblico sostenuto da gigantesche dosi di stupefacenti. Furono davvero “tre giorni di pace e musica rock”: l’unico gesto violento ha avuto per protagonista Pete Townshend, notoriamente nemico della cultura hippy, che colpì con la chitarra Abbie Hoffman, storico leader della controcultura che, incautamente, aveva cominciato a parlare della liberazione del poeta pacifista John Sinclair (in carcere per aver tentato di vendere alcuni spinelli a un poliziotto in borghese) durante il set degli Who.Sul piano musicale alcune delle performance leggendarie furono animate da artisti addirittura al primo disco come Joe Cocker e Santana che trovarono in quel palco il trampolino di lancio per la loro straordinaria carriera. I Ten Years After di Alvin Lee conobbero proprio grazie a Woodstock il successo mondiale, Richie Havens entrò nella leggenda con un brano improvvisato, “Freedom”, un inno ancora oggi, i Grateful Dead si trovarono ad affrontare una performance funestata da problemi tecnici tanto da rifiutare di concedere i diritti per l’album e il film, Janis Joplin (morirà poco più di un anno dopo) stabilì il suo ruolo di mito del rock al femminile, Sly and The Family Stone erano all’apice della creatività. E poi Joan Baez (incinta di sei mesi), Crosby, Stills, Nash & Young, i Creedence Clearwater Revival, The Band. Su tutti Jimi Hendrix, che chiuse la tre giorni suonando quando il sole del lunedì era già alto: la sua versione di “Star Spangled Banner”, l’inno americano, resta uno dei momenti più alti della storia del rock. Buona parte del pubblico era tornata a casa: il campo di Max Yasgur era una distesa di cartacce e spazzatura. Anche Jimi morirà un anno dopo. La tre giorni di Woodstock segna il punto più alto dell’estate dell’amore e del sogno hippy che aveva il suo epicentro dalla parte opposta degli Stati Uniti, sulla West Coast.Proprio sulla West Coast, a Monterey, dal 16 al 18 giugno del 1967, di fronte a 200mila persone, si era svolto il primo mega raduno rock. Dal 26 al 30 agosto del 1970, andò in scena la terza edizione del festival dell’isola di Wight, in Inghilterra, con, tra gli altri, Jimi Hendrix, i Doors, Joni Mitchell, che aveva rinunciato a Woodstock per partecipare al Dick Cavett Show (un Letterman ante litteram), Miles Davis, Jethro Tull (che avevano respinto l’invito di Michael Lang e soci per l’odio nutrito da Ian Anderson contro gli hippy), Leonard Cohen. Questi mega raduni finirono per sancire la fine di un’epoca: il tentativo di celebrarla in grande stile si è tristemente arenato in tribunale.
Paolo Biamonte, Ansa