Si tratta del primo capitolo del nuovo progetto discografico e live della band dedicato a Ennio Morricone. Ospiti dell’album Matt Bellamy e Diodato. L’INTERVISTA
Scacco al Maestro Vol 1 non è solo un omaggio a Ennio Morricone e alla sua straordinaria opera, è il frutto di anni di approfondimenti, ricerche, studio, un’ispirazione che è stata, letteralmente, la spinta propulsiva della nascita della band di Martellotta, Gabrielli, Cavina, Rondanini e Colliva: era il 21 luglio 2007 quando i cinque si ritrovarono per la prima volta in studio, dando forma a un’idea nata nei mesi precedenti, quella di lavorare, ispirandosi anche all’imponente lavoro del Maestro Morricone, sulla musica per immagini, con un respiro e un’ambizione internazionali. Registrarono Trafelato, dalla colonna sonora di Giornata per L’Ariete: la take presente nel primo disco che prende il nome della band è la primissima registrazione dei Calibro 35.
Il vostro non si può definire un album bensì un progetto a lungo termine: verrà strutturato anche per l’estero?
Un grande rammarico di questi ultimi due anni e mezzo è la mancanza dell’estero. Quando iniziò la nostra storia il primo concerto fu in Lussemburgo, poi in Belgio e quindi in Italia. Siamo stati spesso in America, in Inghilterra e in una fetta di Europa molto consistente. Il confinamento lo abbiamo sentito, abbiamo un accesso più facile da strumentali al mercato estero.
Morricone è un po’ l’origine della vostra storia: proprio in questo 2022 ricorrono i 15 anni di Trafelato: che sensazioni vi ha mosso rifarlo?
Fu il primo pezzo per rompere la timidezza della prima volta in studio. E’ in quasi tutti i concerti la nostra chiusura. E’ il pezzo dove improvvisiamo in maniera selvaggia e ogni volta ha una forma diversa. Ha dato il la alla frequentazione con Ennio Morricone.
Potreste fare un album con tutte le versioni di Trafelato.
Sarebbe da matti ma con valore antologico. Ci penseremo.
Due feat, Matt Bellamy e Diodato: avete chiesto a loro di scegliere il brano ho avete scelto voi per loro?
Bellamy è stato lui che ci ha proposto Arena perché con i Muse lo usano spesso in apertura. Appartiene a un western un po’ oscuro tornato in auge dopo Tarantino. Senza gli americani che si sono reimpossessati di questo immaginario spostando anche l’asse della fruizione tante cose sarebbero dimenticate. Noi abbiamo rifatto un giro di boa. Matt è stato l’Alessandro Alessandroni della situazione. Con Diodato a un concerto a Matera facemmo un percorso di ascolto di Morricone con momenti cantati; con lui avevamo già fatto Se Telefonando. Glielo abbiamo proposto noi, in questo caso.
Il primo maggio avete rilasciato La Classe Operaia va in Paradiso: giornata perfetta per la composizione. Cosa resta oggi di quella classe operaia?
Dei temi sono universali. Quel brano ha una valenza simbolica e fatto al Primo Maggio di Taranto ne ha ancora di più. Abbiamo provato una sensazione di grande forza quel giorno, in quel posto con un progetto strumentale in un contesto popolare. Ha avvalorato quello che si famusicalmente, la musica può rinverdire l’attenzione su certi temi.
Aprite l’album con Arena, che ha una forza immaginifica immensa: si pensa a un luogo chiuso ma voi le avete dato uno spazio infinito. Quale è l’elemento speciale, Bellamy a parte, per il quale l’ascoltatore sa che inizia un viaggio?
Perché quel brano inizia musicalmente con un immaginario sonoro forte, l’inizio è apparentemente elettronico e sposa gli ideali di Bellamy ma anche il gusto dei nostri vecchi dischi tipo S.P.A.C.E. Per i primi 30 secondi non sembra un brano western. Il nostro è un lavoro di grossa restituzione, c’è un tempo per ogni cosa: il duello e sabotare e restituire. Ci auguriamo ch venga risolta la questione degli archivi per esecuzioni e informazioni musicologiche: è assurdo che non si trovi quasi nulla.
Svegliati e Uccidi racconta un Morricone diverso: secondo voi quanto il Prog e gli anni Settanta in generale lo hanno influenzato?
Tutte le colonne sonore dell’epoca risentono del momento musicale, i musicisti avevano una ampia formazione musicale, davano contemporaneità. Nello colonne sonore la musica ha un motivo logico, oggi potrebbe essere la trap. Morricone ha usato musicisti e stilemi Prog su lati più thrilling.
Una delle caratteristiche di Morricone era mettere dolcezza in scene pulp: vi è venuta la tentazione di dare più veemenza ai vostri suoni per accorciare a distanza tra musica e immagine senza snaturare l’originale?
Non crediamo a livello intenzionale. Queste musiche sono state fatte nell’epoca del cinema stereofonico: era un ascolto frontale come a un concerto. Non c’era l’immersività del 7.1 che c’è oggi al cinema. Erano musiche piene e impegnative, penso a Petri. Oggi nessun film sosterrebbe quel peso lì. Oggi il cinema è sound design e immersività, meno scrittura e più produzione. Renderlo più crudo è quasi un paradosso.
Un tranquillo posto di campagna resta uno dei brani più eretici di Morricone: in cosa sta oggi la sua modernità?
Usava i timbri in maniera esemplare. Sceglieva dei suoni immediatamente riconoscibili, fino almeno agli anni Settanta lo riconosci dai suoni e da una scrittura organizzata. Scompone la sua musica come un puzzle. C’è sempre un senso alla declinazione di quello che fa: pensiamo qui a come si sente al rumore meccanico di una fabbrica.
Perché la scelta di chiudere con L’Uomo dell’Armonica?
Nessun motivo concettuale. Evocativamente è uno dei pezzi più forti e volevamo lasciare con un finale aperto.
Che accadrà nelle prossime settimane?
Questa è una retrospettiva, è una sfida, non è un sentito e mieloso omaggio. E’ una sfida personale di rapporto con questa materia. Faremo concerti a luglio e a settembre. Ora stiamo valutando l’integrazione di Scacco al Maestro col nostro repertorio, servono le cose nostre su cui appoggiare Morricone.
Infine chi è Ennio Morricone?
E’ inquietudine. Non è un artista come può esserlo una rockstar classica. Era un metodico e non si occupava di musica in senso tradizionale, era un artigiano che tirava su una città. Un creativo funzionale: da sempre la musica funzionale condensa i più alti valori della cretatività