End of Justice: nessuno è innocente. Il film cucito su Denzel Washington per riflettere sull’onestà

End of Justice: nessuno è innocente. Il film cucito su Denzel Washington per riflettere sull’onestà

Quello di Dan Gilroy è un appassionante film sulla coerenza e sull’onestà. Ma anche sulle debolezze dell’uomo, sulle sconfitte, sui suoi errori.

Los Angeles. Roman è avvocato in uno studio di cui è socio, assieme all’amico e collega William Jackson. Per anni, senza inseguire il denaro, la coppia ha offerto la propria professionalità alle cause di clienti poveri, spesso impossibilitati a coprire le spese giudiziarie. William in tribunale, a combattere per la giustizia, Roman in studio, per fornire un prezioso contributo documentale. Una grande memoria, ma allo stesso tempo la brutta abitudine di sbottare di fronte alle palesi ingiustizie del foro. Quando William viene ricoverato in ospedale, senza speranza di uscirne, toccherà a Roman prenderne le veci in tribunale, mettendosi alla prova in modo del tutto nuovo. Dopo i primi insuccessi e la vendita dello studio, Roman sarà costretto a trovare una nuova via per sopravvivere. Sguardo stralunato, passo ciondolante, capello gonfio. Denzel Washington entra alla perfezione nel personaggio di Roman, uno stravagante avvocato d’altri tempi, rimasto ancorato alle battaglie degli anni ‘70. In guerra contro il mondo, Roman sembra avere un romantico attaccamento alla giustizia. Quella vera, onesta, motore di cambiamento. Ha combattuto per anni sognando la rivoluzione sociale, un mito per una generazione di idealisti, infranto miseramente nelle pieghe della storia, che ha prodotto diseguaglianza e ingiustizia. End of justice è un appassionante film sulla coerenza e sull’onestà. Ma anche sulle debolezze dell’uomo, sulle sconfitte, sui suoi errori. Un film compassionevole, che riconosce la fatica dell’integrità, contro ogni buonsenso. Dan Gilroy, regista tra gli altri de Lo Sciacallo con Jake Gyllenhaal, The Bourne Legacy e Kong: Skull Island, costruisce il film attorno a Denzel Washington, protagonista indiscusso di un’altra prova appassionante, che gli è valsa una nomination ai recenti Oscar 2018. Goffo, fuori dal mondo, una memoria patologica e un’estetica polverosa, il due volte premio Oscar riassume in sé, con il suo personaggio, le stranezze di una generazione ormai scomparsa, nel suo modo di essere e di apparire. Denzel è un perdente. Virtuoso in silenzio. Rinchiuso in uno studio, dietro le quinte della sua vita sociale e lavorativa. Protetto e allontanato dal mondo reale, per via della sua incapacità di mettere a freno la parola. Un talento inespresso, vivo e vivace nel chiuso della sua mente idealista e confusa. Un pozzo di sapienza per pochi, un pazzo stravagante per tutto gli altri. Cui prodest? Quando il sogno traballa, Denzel si trasforma nel suo opposto, scoprendo il nemico dentro di sé e offrendo nuove sfumature di umanità e virtuosismo attoriale, il vero punto di forza di questo film che offre, peraltro, buoni (e facili) spunti di riflessione. L’onestà, la purezza, l’intelligenza emotiva sono valori irriconoscibili, mai pagati. Sono armi spuntate per pochi e imperfetti capitani coraggiosi, all’ombra degli eserciti del potere. Vivere onestamente, credere nel bene è una sfida che interroga l’uomo virtuoso in un mondo che apprezza, celebra e santifica (anche e soprattutto pubblicamente) la furbizia, la strategia, l’opportunismo, l’utile per sé. Qual è lo spazio per l’altro? Cos’è il bene pubblico? Esiste la giustizia? Forse. Nel film è racchiusa in una valigia enorme, squadrata, d’altri tempi. Una valigia di volontà nobili, compresse e portatili. Che puoi portarti dietro, come lasciare in un angolo, quando la debolezza inevitabilmente prende il sopravvento.Racchiusa in una morale forse un po’ scontata, la storia di Roman ci mostra la faccia ambivalente del bene, la sua capacità contagiosa che avvicina gli opposti, la sua precarietà che pretende coraggio. Perfino umiliazione. Non c’è vantaggio forse nell’essere giusti, onesti e virtuosi. Ma chi vuole crederci sa che  non potrebbe essere diversamente per potersi guardare allo specchio, ogni mattina, e sentirsi bene.

Roberto Bernocchi, ilsussidiario.net

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