In un documentario in sala per tre giorni dal 22 maggio le origini e i luoghi del Boss e degli altri artisti cresciuti nella provincia del New Jersey. In attesa del nuovo album solista del cantante e dei prossimi progetti con la E Street Band
È quella la vera originale ‘city of ruins’ della canzone. Springsteen la scrisse pensando al desolante declino del luogo mitico della sua adolescenza, Asbury Park, l’affaccio sull’oceano della provincia del New Jersey, la luccicante cittadina dove si suonava a ogni angolo e dove lui, umanamente e musicalmente, è diventato adulto. Solo dopo il crollo delle torri gemelle, il senso della canzone si spostò verso l’apocalisse newyorchese. Prima era solo il suo vecchio amato quartiere, raccontato oggi da un documentario intitolato Asbury Park: lotta, redenzione e rock and roll, diretto da Tom Jones in uscita nella sale italiane per tre giorni, dal 22 al 24 maggio, che si aggiunge alle tante notizie che in questi giorni si rincorrono.Dopo l’annuncio dell’attesissimo nuovo disco, Western Stars, in una recente conversazione con Martin Scorsese, Springsteen ha confessato che nel frattempo ha anche scritto di getto un intero album adatto alla E Street band, con ovvie implicazioni sulla possibilità di un tour con il gruppo che si è formato nelle strade di Asbury Park. “C’è stato un momento in cui qui accadevano cose che non stavano accadendo da nessun’altra parte”, racconta il Boss nel documentario e introduce il ritratto di famiglia che racconta di Little Steven, di Southside Johnny e degli altri local heroes che infiammarono Asbury Park, compresi i componenti della E Street Band, e anche il tastierista David Sancious, che faceva parte della primissima versione della band e col quale Springsteen è tornato a collaborare per il nuovo disco, a conferma di questa sua ricerca di radici.Bisogna guardare bene il lyric video del suo nuovo singolo, Hello Sunshine, per capire in che direzione viaggia oggi il suo tormentato cuore e dove andrà a parare l’album che uscirà il 14 giugno. C’è un’automobile, astratta, quasi avulsa dal paesaggio che scorre metafisico, ed è guarda caso una Chevrolet, e verosimilmente un modello del ’69, ovvero la stessa automobile che evocava decenni fa in Racing in the Streets, il racconto delle corse in macchina nelle strade della provincia del New Jersey, nei rodei notturni che dalla sua cittadina di Freehold portavano verso la vita notturna di Asbury Park, dove c’erano locali aperti fino alle cinque di mattina. Springsteen sembra voler tornare a cercare la sua ‘Rosebud’ proprio in quelle strade raccontate nel documentario.Asbury Park viene dissezionata, si vede la casa dove Bruce scrisse Born to Run, ci sono i locali della leggenda, lo Stone Pony, l’Upstage, dove si lanciavano in interminabili jam session, dove bianchi e neri si mischiavano senza problemi, e proprio su questa convivenza Springsteen spiega che “il rock’n’roll aveva portato le caratteristiche della musica afroamericana nel mainstream e questo ebbe un ruolo importante nella lotta per i diritti civili”.Tutto sembrava naturale, come racconta Little Steven. “L’integrazione semplicemente avveniva” dice, almeno fino a quando gli scontri razziali non misero a ferro e fuoco la città, spezzando per sempre quel clima da villaggio di intrattenimento che aveva assunto nel tempo, una stazione di passaggio dove a suonare si fermavano tutti, anche i grandi, da Jim Morrison ai Rolling Stones, creando una specie di università rock dal vivo per i giovani artisti che crearono il Jersey sound. Sono i luoghi dai quali Springsteen non si è mai veramente staccato, sono la sua terra, quella dove continua a specchiarsi, scavando nelle macerie del sogno americano.
Gino Castaldo, repubblica.it