Cicatrici nere: “I fiori che si amano si lasciano dove sono. È stato strappato il mio fiore più bello che sradicato dal suo reale contesto non può che appassire o venire imbalsamato”
Nessuna accusa e nessun tentativo di farsi pubblicità. Lo street artist Cicatrici Nere dice la sua sul caso sollevato dal vestito indossato da Chiara Ferragni nella prima serata del Festival di Sanremo.
Si tratta del primo abito Dior con cui l’imprenditrice è salita sul palco dell’Ariston. Nero, senza spalline e accompagnato da una stola bianca con la scritta “Pensati libera”, è diventato subito virale sui social e oggetto di meme, ironia e riflessioni.
La direttrice creativa di Dior che ha vestito Chiara Ferragni, Maria Grazia Chiuri, ha parlato sul suo profilo di un’immagine tratta da una foto scattata su un muro di Genova dal duo artistico Claire Fontaine, fondato a Parigi nel 2004, e che oggi vive e lavora a Palermo. A tanti però non è sfuggito che la frase, con la stessa grafia, da tempo si legge sui muri della città di Bologna, opera appunto di Cicatrici Nere che da tempo ne ha fatto una sorta di “logo”.
L’artista vuole adesso “prendere le distanze dalla sterile polemica virale e dalla mercificazione e snaturalizzazione di un atto di volontà e di libertà che mai avrebbe voluto divenisse uno slogan, un manifesto o un prodotto da commercializzare”, fa sapere l’avvocato Carmina Pascale, ma non intraprenderà azioni legali”.
“I fiori che si amano si lasciano dove sono. È stato strappato il mio fiore più bello. Certo è stato mostrato a milioni di persone, ma in una modalità che ricorda gli animali rari rinchiusi in uno zoo: sradicato dal suo reale contesto, ora non può che appassire o venire imbalsamato”, ha dichiarato lo street artist che ha fatto sapere che la sua non è una rivendicazione, ma che vuole spostare l’attenzione su quello che è diventato un messaggio “indossato come una pelliccia al fine di innalzare il già vertiginoso status di qualcuno”.
Non si tratta di una “banale e volgare rivendicazione di una mia opera, ma di una dichiarazione di indipendenza dall’industria del marketing”. “Pensati libera rende immediatamente visibili i muri della prigione intorno a noi e lo ha fatto anche questa volta, mostrando come nulla si salvi da un meccanismo affamato che ‘pensati libera’ non voleva nutrire, ma anzi combattere”.
“Pensati Libera non è grido di speranza”
A ‘Pensati Libera’ sono state “tagliate le corde vocali” dopo essere stata “propinata su televisione e masticata a favore di qualsiasi ‘Ismo’, anche il più corretto” quando invece “il pensiero che sussurra sui muri non è un invito di libertà rivolto alla donna ma un desiderio di libertà rivolto agli esseri umani intrappolati dagli stereotipi che vengono quotidianamente propinati. Pensati libera non porta con sé rivendicazioni, né vuole essere grido di speranza – afferma lo street artist che chiede di non indagare sulla sua identità e di rimanere conosciuto solo con lo pseudonimo -. Al contrario cresce su macerie di sentimenti umani, sui resti di un mondo che non vuole più essere, ma solo apparire”.
“Perché ho desiderato pensarmi libero? – continua l’artista – Perché non lo sono. Perché la libertà oggi è così lontana dalla nostra vita che può essere solo partorita attraverso l’immaginazione e la creatività autentica”. “Creatività vitale, che manca all’orribile macchina dei soldi – conclude ‘cicatrici.nere’ – la quale, priva di questa virtù, altro non può fare che fagocitare tutta la bellezza del mondo, cambiandone la struttura fino a svuotarla di qualsiasi passione”.
Poi affida a Instagram la sua idea di “Pensati libera”.