Il prossimo 29 febbraio il gruppo Vice Media, physician quello che rivoluziona i contenuti, li distribuisce in maniera innovativa, confeziona reportage irriverenti senza guardare in faccia nessuno, lancerà il suo canale tv, Viceland. Alla fin fine, tutti cascano sempre sui vecchi e cari media. E d’altronde Vice, partito in Canada nel 1994 come giornale punk cartaceo dal nome Voice of Montreal, una volta diventato adulto ha imbarcato, nel tempo, azionisti come 21st Century Fox (controlla il 5% di Vice) o Disney, che direttamente, o attraverso la joint venture A+E con Hearst, ne detiene oltre il 20%. Ed è sostenuto, tra gli altri, da un colosso come Wpp. Insomma, di punk è rimasto molto poco. E pure il co-fondatore e ceo di Vice Media, Shane Smith, può convenire che «è tutta una questione di soldi, il resto è conversazione», come diceva il maestro Gordon Gekko nel film Wall Street.
Infatti Smith, secondo quanto scrive l’ultimo numero di Variety, spingendo in là le strategie di Vice, ritiene di fare molti più soldi possedendo il 49% di un nuovo canale (il 51% di Viceland è invece di A+E) tutto prodotto esclusivamente da Vice, piuttosto che continuando a distribuire i suoi contenuti in streaming qui e là. La tv tradizionale è uno sbocco sempre più interessante per il futuro di Vice: c’è anche una intesa stretta con Hbo per la produzione di molti titoli, tra cui pure un programma quotidiano di news, e una collaborazione con Turner Broadcasting per branded content da 30 o 90 secondi. E non poteva essere altrimenti per un gruppo come Vice che, implicitamente, è stato valutato tra i 4,2 e i 4,5 miliardi di dollari (3,7-4 mld di euro), ha 36 sedi nel mondo, partnership da Spotify a Snapchat, e che si trova nel mezzo di una ondata che sta molto cambiando lo scenario mediatico negli Stati Uniti e nel mondo.
In sostanza, negli ultimi anni, i nuovi brand digitali e i vecchi poli televisivi tradizionali stavano marciando ognuno per conto proprio. Ora, però, si sono accorti di avere gli uni il bisogno degli altri. I grandi network televisivi stanno perdendo quasi tutto il pubblico dei cosiddetti millennials (quelli nati tra il 1981 e il 1997), intercettato, invece, dal web e dallo streaming; i fenomeni digitali hanno però iniziato a rallentare, si intravede una saturazione. Per esempio, il sito BuzzFeed, dopo il +42,6% del dicembre 2014 nelle unique views, si è dovuto accontentare di un modesto +4,7% nel dicembre 2015. E pure Vice, a +173% nel dicembre 2014, ha frenato a +64% nel dicembre 2015.
I giovani, quindi, cercano il supporto dei vecchi, e viceversa. E non è un caso che sul mercato statunitense, nelle ultime settimane, vi siano state le operazioni di Disney e di Hearst con Vice (il canale tv Viceland, attraverso il network di A+E, sarà distribuito in 70 milioni di case con gli show e le serie non convenzionali prodotti da Vice), che NbcUniversal abbia investito 200 milioni di dollari (177 mln di euro) in BuzzFeed, e che il colosso Univision (3 miliardi di dollari di fatturato, 2,66 mld di euro), che edita il più importante canale Usa in lingua spagnola, si sia portato a casa il 40% del sito di satira The Onion per circa 40 milioni di dollari (35,5 mln di euro).
di Claudio Plazzotta “Italia Oggi”