Il pianista: sono refrattario al piccolo schermo, ma questa volta vado per rendere accessibile a tutti la temuta musica classica
Primo comandamento? «Amerai la musica come te stesso». Secondo? «La classica è popolare» Terzo? «Beethoven ti aiuta a vivere…». Ezio Bosso scherza ma non troppo sul decalogo del musicista. D’altra parte, a riportarlo in tv dopo un anno d’assenza saranno proprio «I dieci comandamenti», il programma ideato da Domenico Iannaccone, stasera alle 20.30 su Rai3. Titolo dello speciale che lo ritrae in momenti pubblici e privati, «La porta aperta». «Come quella di casa mia, non la chiudo mai» assicura Bosso, musicista a tutto tondo, compositore, direttore d’orchestra, pianista, uomo fuori dal comune, capace di trasformare la malattia neurovegetativa che l’ha colpito in nuova occasione di vita e arte. «Sono refrattario alla tv, ma ho stima di Domenico Iannaccone. Quando mi ha proposto un ritratto tra pubblico e privato mi sono fidato di lui, ho detto sì».
Del resto, questo è stato un anno così denso di eventi e sorprese che merita di essere raccontato: il suo ritorno sul podio dopo una lunga assenza, le dimissioni dal Comunale di Bologna, la nomina al Teatro Verdi di Trieste come direttore stabile. «Stabile e residente. Ho già trovato casa, e proprio davanti al Teatro, nei cui confronti il mio impegno è totale e incondizionato. I primi contatti con l’Orchestra e il Coro sono stati all’insegna di un grande entusiasmo, una grande voglia di crescere insieme. E poi al Verdi sono legato anche per la memoria di Abbado, sotto la cui guida ho suonato nella Chamber Orchestra of Europe. Claudio ha cominciato proprio lì come direttore stabile» ricorda Bosso, che ha raccolto l’impegno sociale del grande maestro come testimonial di «Mozart 14», l’associazione che porta la musica nelle carceri e negli ospedali, guidata dalla figlia di Abbado, Alessandra.
Per Trieste le idee sono molte. «Il compito di un direttore stabile è anzitutto lavorare sul suono, creare un’identità musicale, stabilire un percorso… Ma per farlo bisogna trovare uno spirito guida». Lui ha scelto quello prediletto di Beethoven. Non a caso il primo brano che ha diretto al Verdi è stata l’ouverture «Leonore III», scritta per la seconda edizione del Fidelio. L’unica opera di Beethoven, il titolo che Enzo vorrebbe dirigere in un futuro prossimo. «Un capolavoro rivoluzionario nella sostanza e nella storia. Denso di simbologie esoteriche mozartiane ma anche vessillo di libertà, di lotta contro il dogmatismo e la tirannia, di quei principi socialisti cari al genio di Bonn». Di più non può ancora dire. Ma Beethoven non sarebbe solo l’occasione di smentire chi sostiene che lui non ce la può fare a dirigere l’opera. «Papà Ludwig — si prende la confidenza — è imprescindibile per ogni orchestra. Perché è un musicista che sfida le regole, che libera i musicisti. Il mio desiderio è di mettere in cartellone la sua integrale sinfonica e concertistica».
Aprendo le prove al pubblico ogni volta che si potrà. «La classica deve essere per tutti — ribadisce Bosso, che sulla musica non ha mai avuto snobismi, e non per niente conta 300mila follower su Facebook —. Anzi, siccome la parola “classica” incute timore, propongo d’ora in avanti di chiamarla “libera”. Musica libera che libera tutti, che apre la mente e scavalca frontiere. Il compito di noi artisti è suscitare lo stupore, renderla accessibile senza snaturarla. Quando ho accettato di andare a Sanremo sapevo che avrei suscitato polemiche, ma sapevo anche che era l’occasione per aprire a nuovi ascolti».
Accadrà anche il 23 dicembre per il concerto più atteso dell’anno al Verdi di Trieste. «Racconteremo il Natale attraverso vari compositori. Indipendentemente dal credo, il Natale resta un avvenimento unico e universale per tutti, anche per noi musicisti. Così partiremo da Corelli, passando a Bach, Mozart, Beethoven, Dvorak, Ciaikovsky. E poi Verdi e Debussy. Infine la prima assoluta delle mie Radici, per piano, violoncello e orchestra con l’amico di sempre Relja Lukic, brano che finirà nel mio prossimo album in uscita a febbraio. Un regalo speciale per un Concerto di Natale fuori dalle righe».
Giuseppina Manin, Corriere della Sera