Debutto per nuovo tour, faccia a faccia tra uomo e artista
Renato il Folle è tornato, con le sue parrucche, i suoi cappelli stravaganti, i travestimenti, gli abiti sgargianti ed eccessivi.
E con uno show dalle mille sfaccettature che è uno spettacolo per gli occhi, ma soprattutto per le orecchie.
Ha debuttato a Roma, nel palazzetto dello Sport, il 1novembre e rimarrà per altre cinque date prima di spostarsi in giro per l’Italia fino a gennaio (con 14 soldout già registrati), il nuovo live di Renato Zero, “Zero il folle in tour” (dal titolo dell’ultimo album pubblicato qualche settimana fa), con l’esplicativo sottotitolo “Perché folle è chi sogna, chi è libero, chi provoca, chi cambia”.
E Renato, archiviata al momento l’esperienza più metafisica e filosofica di Zerovskij del 2017, non smette di sognare, di provocare, di cambiare.
Sul palco, che diventa quinta teatrale con tanto di sipario, drappi, maschere bianche a troneggiare dall’alto e un’orchestra digitale che di tanto in tanto compare sullo schermo di fondo, porta tutto il suo mondo di artista controcorrente e anticonvenzionale.
La sua musica e le sue canzoni (quelle di Zero il Folle al centro dell’attenzione, con 12 brani su 13 in scaletta) la fanno da padrone, in un turbinio di cambi d’abito (saranno quasi una ventina a fine concerto, poco meno di uno a canzone), per tre ore piene di spettacolo.
Il via, alle 21 in punto, lo dà Il mercante di stelle, con un Renato Zero che arriva sul palco con il volto coperto e una tunica con stampa fiorata e un vaso di fiori in testa, versione Primavera di Botticelli.
Ma c’è spazio anche per qualche considerazione: se la prende con la crisi delle nascite (le cicogne disertano”), con gli uomini violenti (“Non è femminicidio. Si sono suicidate loro. Non è morta lei”), con l’accidia che caratterizza la società (“c’è chi timbra il cartellino per noi, chi va in Parlamento per noi, chi tromba per noi, chi non va in piazza siamo sempre noi”), con la crisi energetica (“Tutto non basta per tutti. E niente non è sufficiente per tutti. Finirà il carburante, e saremo costretti ad abbracciarci nuovamente, a stringerci la mano, ad andare a piedi al supermercato”), con i telefoni che lo infastidiscono durante il concerto (“Basta con i cellulari, siete venuti per Renato o per fare i cameraman.
Metteteci l’anima, non queste cazzate”). Ringrazia Roma, “sei grande, non ci sono buche, non c’è monnezza che tengano”.
E’ un viaggio tra passato e presente, ma non è uno show amarcord.
In scaletta ci sono anche le iconiche Madame e Triangolo, ma senza di lui in scena.
Le lascia cantare ai coristi, come a segnare una distanza da quel tempo che fu. Una dicotomia che sembra risolversi nel finale, quando sul brano Zero il Folle, l’uomo Renato e l’artista Zero si guardano allo specchio.
E fanno pace. Ma c’è anche l’omaggio, sulle note di Quattro passi nel blu, ai tanti amici scomparsi, i cui nomi compaiono uno dietro l’altro alle spalle di Zero. Sono tanti, tantissimi e l’emozione sale. Mia Martini, Ivan Graziani, Luigi Tenco, Lucio Dalla, Fabrizio De Andrè, Gabriella Ferri, Sergio Endrigo, Little Tony, Giuni Russo, Lucio Battisti, Domenico Modugno, Claudio Villa, Mango, Giogio Gaber, Enzo Jannacci, Alex Baroni, sono alcuni dei nomi dei compaiono. Gli applausi più commossi sono per Anna Marchesini, Pino Daniele, Franco Califano, e su tutti, Fabrizio Frizzi.
“Ero titubante all’inizio. Il calendario mi ha detto non hai più 18 anni. Poi ho riflettuto un po’, ho dato un’occhiata alla muscolatura, mi sono fatto mettere pure uno stent – rivela a sorpresa il cantautore ai saluti finali con Il Cielo -. Sarà molto dura liberarvi di me. Questa follia, tenetevela da parte: la calma piatta non ci piace un cazzo”.
Ansa.it