«Non fate i bravi», il diario degli ultimi mesi della conduttrice de «Le Iene», scomparsa lo scorso agosto per un cancro.
Noi, l’abbiamo letto e ci abbiamo trovato dentro «vita», «karma», «errori», «zucchero a velo», «hater», «paura», e «malattia», ma scritta una volta sola. E, più di tutto, pensieri d’amore per mamma Margherita
Se li appuntava di notte, sul cellulare, al buio. Capitava così che mamma Margherita si svegliasse e la vedesse digitare velocemente sulla tastiera.
Di giorno, poi, glieli leggeva, perché a lei non ha mai nascosto nulla. Quei pensieri – di Nadia Toffa – ora sono diventati un libro.
Come da suo desiderio. Raccolti dalla madre e pubblicati postumi, dopo la sua scomparsa, il 13 agosto scorso per un cancro. Aveva 40 anni. Non fate i bravi (edizioni Chiarelettere), esce e i proventi andranno in beneficenza.
Non è un racconto autobiografico, non parla di quello che le è successo, è molto diverso da quel Fiorire d’Inverno che la conduttrice e inviata de Le Iene aveva scritto – tra polemiche – nel 2018, quasi un anno dopo l’improvviso malore a cui aveva fatto seguito la diagnosi.
E poi le operazioni, la chemio, le parrucche, che la giornalista non ha mai nascosto nel continuare ad andare in onda.
I pensieri di Non fate i bravi (il titolo lo spiega Nadia stessa in un passaggio: «Tutti ci dicono fate i bravi, io vi dico non fate i bravi. Se sei sul libro delle partenze non incide fare o meno i bravi»), li ha scritti negli ultimi mesi, tra gennaio e giugno del 2019, quando, dopo i molti attacchi subiti online Nadia scelse di rimanere in silenzio.
In questo modo però, si legge nella prefazione, ha continuato a «non nascondere nulla e a essere se stessa fino alla fine».
Nadia scrive di vita, di karma, di errori che vale la pena commettere, di «nuvole», «granelli di sabbia» e «zucchero a velo». Di «adrenalina» che ha sempre voluto sperimentare.
In pista, a Monza a 300 all’ora, nelle strade di Caracas, o in Iraq, poco distante dalle bandiere dell’Isis. La parola «malattia» la usa solo una volta, non è più il momento; «dolore», qualche volta in più.
«Ci rende più profondi, più forti, è una cassa di risonanza delle emozioni», fa sapere in una pagina. Si sofferma su ciò che ha sempre amato: «Il caldo, anche afoso, adoro bere il caffè bollente e odio il freddo».
Questi pensieri, lascia intendere Nadia, dovrebbero essere intenzioni anche da non malati. Uno su tutti: «Una piccola parte della vita sono eventi che accadono, tutto il resto è come reagisci».
Lei, racconta in un altro passaggio, non ha mai voluto farsi leggere le carte, non si è mai fermata per strada, non si è mai rivolta a uno sciamano. «Preferisco aspettare la mia sorte senza sapere», scrive, «Chi non vuol sapere è padrone di tutti i giorni».
E la «paura»? Trova spazio in diverse pagine. Non la si può ignorare, spiega Nadia. Tutti hanno paura. Lei, da piccola, la sfidava salendo le scale al buio. Col tempo ha imparato che «per venirne fuori bisogna buttarsi dentro, a capofitto». Gli «hater», la conduttrice li definisce «scimmie», «odiatori urlatori». «Mamma Margherita» non lo scrive mai, Nadia.
Ma basta leggerne le prima pagine, per capire che è ovunque. Come una «leonessa», come «una galassia d’amore».
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