Morto Sixto Rodriguez, il cantante che visse due volte

Morto Sixto Rodriguez, il cantante che visse due volte

E’ morto a 81 anni Sixto Rodriguez. Il cantante folk rock americano era diventato una piccola leggenda: dopo tre dischi pubblicati all’inizio degli anni Settanta divenne, a sua completa insaputa, uno dei simboli della lotta all’apartheid in Sudafrica. La sua vicenda è stata riportata alla ribalta nel 2012 dal documentario “Searching for Sugar Man” che ha vinto il premio Oscar.

La notizia A dare notizia della morte di Sixto Rodriguez è stata una delle tre figlie del musicista nato a Detroit il 10 luglio 1942. Chiamato Sixto perché sesto figlio, è nato da una famiglia di modeste condizioni. Suo padre era messicano, immigrato negli Stati Uniti negli Anni Venti, mentre sua madre era statunitense di origini native americane ed europee.

L’inizio della carriera Fra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta, mentre lavorava come operaio nell’industria automobilistica, Sixto si esibiva di sera con la sua chitarra nei locali di Detroit. Tra il 1970 e il 1971, pubblica due album, “Cold fact” e “Coming from reality” nei quali trattava soprattutto temi sociali. Nonostante alcuni critici lo ritenessero al pari di Bob Dylan, il suo lavoro non ottenne praticamente nessun successo, tanto che Rodriguez tornò a fare l’operaio, mise su famiglia e continuò a impegnarsi nella politica della sua città.

Il successo sconosciuto Ma le vie della musica sono infinite e mentre negli Stati Uniti nessuno conosceva questo folksinger nell’emisfero australe divenne una celebrità. Prima in Australia dove i suoi album vennero ripubblicati in una raccolta diventando un successo tanto che Rodriguez tenne alcuni concerti. Poi negli anni Ottanta la sua musica divenne molto famosa in Sudafrica mentre il Paese era di fatto culturalmente isolato dal resto del mondo: le copie dei suoi album cominciarono a girare più o meno clandestinamente, ma ebbero una diffusione incredibile tanto che i bianchi liberali e di sinistra avevano adottato alcune sue canzoni come inni contro l’apartheid. La sua fama era alimentata anche da alcune leggende metropolitane che si diffusero per la sostanziale impossibilità di verificarle: si diceva che si fosse suicidato sul palco durante un concerto, che si trovasse in carcere o in manicomio. Lui, nel frattempo, non solo faceva l’operaio e il sindacalista nella sua città, ma era totalmente all’oscuro della sua incredibile fama in Sudafrica, dove si diceva fosse più famoso dei Beatles e di Elvis Presley. E, ovviamente, non ha mai visto un dollaro dei diritti d’autore che qualcuno ha incassato al suo posto, grazie alle montagne dei suoi dischi che ogni anno si vendevano in Sudafrica.

Tutto cambia A cambiare tutto è stata la diffusione di Internet: nel 1997 un giornalista musicale sudafricano aprì un sito per cercare Sugar Man (come era chiamato dal titolo del suo brano più famoso) partendo dalle pochissime informazioni che aveva a disposizione, ovvero che si chiamava Rodriguez (come riportato sulla copertina dei dischi) e che era americano. La figlia di Sixto, incredula, venne a conoscenza di questa iniziativa e contattò via mail gli autori della ricerca che, altrettanto increduli, organizzarono un viaggio in Sudafrica, con sei concerti partecipatissimi.

Ma è stato solamente dopo l’uscita del documentario “Searching for Sugar Man” diretto dal regista svedese Malik Bendjelloul (morto suicida l’anno dopo aver vinto l’Oscar) che Sixto Rodriguez ha ritrovato, ormai ultrasettantenne, il posto che gli sarebbe sempre spettato nella storia della musica: i suoi dischi sono stati ripubblicati e lui è tornato a esibirsi, non più nei locali fumosi e scalcinati della Motor town, ma nelle grandi hall americane davanti a decine di migliaia di spettatori. Increduli anche loro che l’America si fosse persa per quarant’anni, nonostante li avesse sotto gli occhi, il talento di un musicista e le sue canzoni potenti da diventare, da sole, un simbolo universale dell’uguaglianza degli esseri umani.

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