L’ultimo saluto al regista scomparso l’8 luglio: non è stata allestita alcuna camera ardente, per volere della famiglia. Commosso il ricordo del fratello Enrico: «Essendo il fratello maggiore ho provato a proteggerlo per tutta la vita. Non ce l’ho fatta»
«Era molto legato a questa città. Mi ha scritto un messaggio tre giorni fa e mi ha detto non vedo l’ora di ridere ancora con te», ha raccontato Christian De Sica, entrando nella chiesa di Santa Maria degli Angeli, a Roma, per partecipare alle 11 ai funerali di Carlo Vanzina, il regista e produttore scomparso a 67 anni, dopo una lunga malattia. Già dalle 9.45 una folla si è riunita intorno alla basilica: la piazza è stata transennata e sono arrivati alla spicciolata tanti attori, registi e politici come Silvio Berlusconi e Gianni Letta, per l’ultimo saluto al principe della commedia. «Era un uomo di grande qualità, mi mancherà molto», ha detto Carlo Verdone. «Lo accompagniamo in Paradiso», sono state le parole di un commosso Massimo Boldi, aggiungendo : «Non dimenticherò la vita passata insieme». «A lui devo tutto della mia carriera di attore. Sono senza parole», ha aggiunto Gerri Calà, accompagnato da Mara Venier.«Ci ha lasciati nella sua amata Roma». Il produttore fece il suo debutto dietro la cinepresa negli anni Settanta come aiuto regista di Mario Monicelli e nel ‘76 diresse il suo primo film: da allora ne girò una sessantina, dando il via a fenomeni di costume come i cinepanettoni. «Ci ha lasciati nella sua amata Roma, dov’era nato, ancora troppo giovane e nel pieno della maturità intellettuale, dopo una lotta lucida e coraggiosa contro la malattia», recitava la nota della famiglia che domenica ha annunciato la scomparsa di Vanzina. Tanti i ricordi, in Rete, i messaggi di chi lo ha conosciuto e ci ha lavorato.Già ieri, alla clinica Mater Dei di Roma, c’era stato l’omaggio di amici e parenti. Non una camera ardente vera e propria, come da volontà della famiglia, ma un luogo silenzioso per un saluto intimo. «Pochi giorni prima che la sua malattia peggiorasse, anche se affaticato dalle cure, veniva ancora in ufficio a lavorare», ha rivelato il fratello Enrico.
Silvia Morosi, corriere.it