Il 10 giugno del 1982 ci lasciava, a 37 anni, il grande regista tedesco. Per l’occasione Bietti Edizioni pubblica il libro “Rainer Werner Fassbinder – Una luce dal di dentro”, scritto da Maria Mirani. Un saggio sulle cattedrali di musica, filosofia e glimmer che sono i suoi film
“Noi diciamo che l’ora della morte non può essere prevista; ma, quando diciamo questo, immaginiamo che quell’ora si collochi in un futuro, oscuro e distante. Non ci sfiora lontanamente l’idea che abbia un legame col giorno appena cominciato, o che la morte possa arrivare questo stesso pomeriggio; questo pomeriggio che ci appare così certo, che ha ogni ora, già stabilita e programmata.”
Cosi scriveva Marcel Proust. E la nera signora incontrò Rainer Werner Fassbinder il 10 giugno del 1982. Il regista fu trovato morto a Monaco, sul letto di casa sua. La leggenda vuole che la tv stesse trasmettendo 20.000 anni a Sing Sing, prison movie del 1932 con Spencer Tracy e Bette Davis, diretto da Michael Curtiz. Il cineasta ci lasciava all’età di 37 anni, a causa di un’overdose di cocaina e barbiturici. Come ricorda Franco Nero in un’intervista realizzata da Tatti Sanguineti: “Fassbinder aveva chiesto che ci fosse molta musica al suo funerale”. Sicché nel corso della cerimonia funebre vennero eseguiti pezzi di Schubert, Janis Joplin, Kraftwerk, Pink Floyd e Domenico Modugno. Tuttavia, la bara era vuota. Si stava ancora cercando di determinare la causa del decesso dell’artista . E forse per questo Rainer Werner Fassbinder – Una luce dal di dentro, scritto da Maria Mirani e pubblicato da Bietti Fotogrammi, collana diretta e curata dalla geniale Ilaria Floreano, utilizza proprio la chiave musicale per aprire le porte del multiverso del regista tedesco. Come diceva Nietzsche: “In virtù della musica le passioni godono di se stesse.” Non a caso il “filosofo col martello” si palesa spesso e volentieri tra le pagine dense di questo saggio. Un testo che compie un’operazione di dissezione del linguaggio audiovisivo del regista, all’interno del quale certe verità filosofiche vengono affidate solo a strutture linguistiche a-logiche; un’impresa di disvelamento di una segreta e diafana luce musicale, dell’anima del cinema di Rainer Werner Fassbinder.
RAINER WERNER FASSBINDER, IL FILM LIBERANO LA TESTA
Dal 1969 al 1992 Fassbinder ha girato 44 film e svariate serie televisive. Con il suo Antiteater, ha rivoluzionato la scena teatrale. Quindi, potrebbe risultare facile smarrirsi nella vertigine di immagini e parole di un autore capace di trasfigurare la propria vita in un’opera d’arte e al tempo stesso di ritrarre la società tedesca senza filtri o piccinerie. Ma l’autrice riesce nel miracolo di guidarci alla scoperta di quelle cattedrali gotiche che sono le opere di Fassbinder con grazia e autorevolezza. Già nello scoprire i titoli dei capitoli che compongo il saggio si viene invasi da un doloroso splendore. Da “Il “Sistema Solare di Fassbinder” a “Un diamante in decomposizione” Mirani (che è anche chitarrista e cantante del gruppo Viadellironia) è consapevole che “la musica ci costringe a vedere di più”. Sulle note dell’ottava sinfonia di Mahler, dell’Opera da tre soldi di Bertold Brecht, del Wozzeck di Alban Berg, di Each Man kills The Things He Loves cantata da Jeanne Moreau, il volume ci ricorda che il film liberano la testa ma “solo se saremo disposti ad accettare la distruzione”, mentre Rock Hudson, nel capolavoro di Douglas Sirk, Il trapezio della vita, sussurra: «Come si fa a spiegare a una creatura che è nata per soffrire?.
RAINER WERNER FASSBINDER, SE HAI L’AMORE IN CORPO NON SERVE GIOCARE A FLIPPER
Insomma, tra una citazione di Gilles Deleuze e una frase di Siegfried Kracauer . Rainer Werner Fassbinder – Una luce dal di dentro è un libro potente e acutissimo. Un’ epifania di suggestioni e intuizioni. Un’opera che abbacina come l’effetto glimmer tanto amato dal cineasta tedesco. Pagina, dopo pagina, il saggio ti trasporta in una dimensione simile a quella del quadro di Hopper “Stanza d’albergo”, che infatti fa capolino sulle ginocchia del Capitano Sebion nell’ultimo film di Fassbinder, Querelle (in programmazione su Sky Arte)
Alla fine in un gioco di specchi, in una roulette cinese, in un caleidoscopio di Doppelganger, terminata la lettura del saggio ti pare di vedere Rainer vestito di lino bianco sulla spiaggia del Lido, parimenti a Gustav von Aschenbach nel finale di Morte a Venezia. Solo che questa volta il dolente compositore del film di Luchino Visconti recita le parole del marinaio interpretato da Brad Davis in Querelle: “Mi sento triste, sento in me l’autunno, l’infestazione, le ferite sottili e dolorose della morte”. Ma non importa se la paura mangia l’anima, perché come scrive Fassbinder nella sua autobiografia:
“Se si ha l’amore in corpo, non serve giocare al flipper. L’amore esige una tensione tale che non c’è più bisogno di rivaleggiare con una macchina, con la quale del resto non si può che perdere (…) Ho deciso di ricominciare a giocare al flipper, e lascio vincer l’aggeggio, che importa, alla fine sono io che vinco”