Belve, o dell’accontentarsi di intervistare essere umani

Belve, o dell’accontentarsi di intervistare essere umani

(di Tiziano Rapanà) Che belva si sente? E che ne so. Mai uno che dica un orangotango e non tanto per citare vecchie filastrocche infantili ma soltanto per il gusto di dirlo. Orangotango… E perché mai? Suona bene, tipo il Manuel Fantoni del film Borotalco. Alla fine, il refrain è sempre quello: che belva si sente? Bradipo pigmeo tridattilo. E invece riecco spuntare le tigri, i leoni, e mai una volta che fosse una belva vera a rispondersi. No, quello mai. Francesca Fagnani, nel martedì della prima serata di Rai 2, si accontenta di intervistare gente vera. Addirittura vip. La patafisica non accompagna gli autori a fare qualcosa in più. Un’intervista ad un bel ghepardo o ad uno squalo. E lo squalo ne avrebbe da dire. Ad esempio potremmo sapere se gli sia piaciuto o meno l’omaggio di Steven Spielberg: lo ha ritenuto offensivo o fin troppo adulatorio? E i sequel li ritiene all’altezza dell’originale? Ora, posso provare interesse per dopotutto normali interviste a esseri umani? Nì. I punti di forza ci sono: Botta e risposta gradevoli, la giornalista fa domande interessanti, l’ironia è iper presente e pungente al momento opportuno… ma vuoi mettere la rana viola? Ad una rana si può chiedere se si sente una belva o un animale indifeso. E poi aggiungere: secondo lei, il viola porta male? Questo ad un artista non lo si può chiedere, tutto pronto a costruire un’idea di sé fin troppo perbene. Non so se siano peggio i cavalcatori della rettitudine o i piagnoni a mezzo stampa. Fagnani tenta di sradicare l’ipocrisia che riluce nel pensato di molti ospiti. A volte ci riesce.

tiziano.rp@gmail.com

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