Lo studente diciottenne di Santarcangelo di Romagna si impone in una finale senza precedenti: con tre concorrenti invece di due. Un menu con ingredienti pregiati e un tocco asiatico
Quando crederci è (quasi) tutto. Valerio Braschi, studente del liceo scientifico di Santarcangelo di Romagna, lo ha detto fin dall’inizio. È entrato nella cucina di MasterChef sono per uscirne da campione. Se fosse stato più grande, o magari una donna, forse la sua spavalderia non sarebbe stata perdonata (“sei arrogante?” è la domanda fatta a molti dal giudice Joe Bastianich nelle passate edizioni, risparmiata al giovanotto romagnolo).
Ma il suo sguardo per niente speranzoso, perché convinto, era dovuto all’entusiasmo della giovinezza e alla temerarietà schietta e un po’ ingenua di chi si tuffa nelle avventure in questo modo si perdona tutto.Non a caso Valerione – che, abbiamo scoperto, a casa ritengono un “Cannavacciuolo young” – dedica al suo essere diciottenne il suo menu “Valerio 18.0” per sottolineare la sua età, ma anche la capacità di mettere un punto per poi andare avanti, all’insegna sempre dell’innovazione e delle nozioni apprese.
All’inedita finale a tre con entrambe le candidate al ruolo, la tirocinante avvocata di San Marino Cristina Nicolini e la barista di Tovo San Giacomo (Savona) Gloria Enrico, è arrivato proprio per questa capacità di far tesoro delle esperienze passate e migliorarle con innesti di novità.
Tendenza sempre evidente nelle puntate precedenti ed esplosa nell’ultima puntata. Infatti alla mystery box era stato chiesto ai concorrenti un piatto che parlasse di loro, anche in relazione alle ricette legate ai loro ricordi, suggerite a ciascuno da parenti e amici in un messaggio video.
Il quartetto giudicante Bastianich, Bruno Barbieri, Antonino Cannavacciuolo e – per l’ultima volta, visto che ha annunciato una pausa dalla tv – Carlo Cracco aveva ritenuto il suo risotto ai gamberi 2.0 il migliore. Un risotto che Valerio amava fare e che, alla luce di MasterChef, ha saputo arricchire con cappasanta affumicata, sfera di caffè, dressing allo yogurt, chips di speck croccanti. Elementi apparentemente lontani che possono essere armoniosi insieme solo avendo, come nel suo caso, il talento delle proporzioni.
Non c’è stata storia con la, pur riuscita, semplicità del filetto di rombo con foie gras presentato da Cristina e la “quaglia scomposta ripiena d’amore” (non bella a vedersi, sentenzia Cracco, ma buona) di Gloria.
Con questa prima vittoria Valerio è passato all’Invention Test col vantaggio di poter parlare con gli ospiti d’onore i cui piatti dovevano essere riprodotti. Tema l’alta cucina realizzata con gli scarti, svolgimento tre creazioni di Igles Corelli (ristorante Atman a Villa Rospigliosi), Pietro Leemann (Joia a Milano) e Matias Perdomo (Contraste, Milano).
Il ragazzo è sveglio, ha palato e apprende veloce, per lui non è un problema riprodurre degnamente i palloncini di Corelli a partire solo da teste di scampi e di gamberi rossi, una fetta di pane di Altamura, bucce di rapa rossa, bucce di patata. Ma anche Gloria e Cristina se la cavano bene, ecco perché per la prima volta in 6 edizioni approdano tutti e tre in finale.
Ed eccoci al menu “Valerio 18.0” che ha mostrato una marcia in più, innovativo con palesi richiami all’Asia (passione nata dall’amicizia con Michele Ghedini conosciuto proprio nel talent di SkyUno).
Fin dall’antipasto: “mare”, spuma di plancton con sashimi di cappasanta, ottenuto senza nemmeno aggiungere sale al crudo di pesce, semplicemente giocando sulla sapidità e le note iodate del mollusco e del plancton.
Poi ecco il trionfo della tartare di Wagyu su letto di farro croccante, con polpa di ricci di mare e aria di shiso.
Dopo la sua versione del sashimi e la valorizzazione della carne marmorizzata giapponese, torna ancora a proporre un asian touch nel piatto che ha chiamato “L’apparenza inganna”: ravioli con salsa udon, spalla di maiale, cavolo cinese e chutney di kumquat. Bello a vedersi, un bel mix di sapori ricchi di ‘umami’ e giusta acidità giocata con gli agrumi a compensare la grassezza della farcia.
Cottura impeccabile, dicono i giudici, anche per il Black Code in olio cottura e crema di mais con uova di salmone. Unico neo il dolce, sottodimensionato e, commentano, non all’altezza del resto il Semifreddo al basilico e vaniglia con salsa al frutto della passione, lampone, mandorla, crue di cacao e tocchetti di mangostano.
Difetto che non scalfisce la vittoria. Innovazione, creatività, azzardo e entusiasmo battono i menu di Gloria, dedicato alla sua Liguria (Cima alla genovese a modo mio, ma con le carote al posto dei piselli “fuori stagione”; Panzotti di borragine alle noci; Prebuggiun, minestra tradizionale che per lei diventa un risotto; Coniglio alla ligure su chutney di mele al cardamomo; Pandolce in versione soffice su crema all’inglese e fragole) e di Cristina dedicato all’eleganza della semplicità (Rosa di seppia con gelato allo squacquerone e crema di rucola; Strozzapreti con rombo, vongole, fiori di zucca essiccati e pomodorini; Sandwich di triglia con gelatina al prezzemolo; mini ghiacciolo di mango e passion fruit ricoperto di cioccolato bianco e lime; cremoso al lampone e rosa con panna cotta al pepe di Sichuan).
E mentre, sotto i coriandoli e il fiume di bollicine con cui Bastianich lo innaffia, Valerio continua a dire “Ci ho sempre creduto”, e il pubblico si chiede chi ci sarà l’anno prossimo al posto di Cracco (il toto giudice è aperto), autori e Canale tv possono sfregarsi le mani per la soddisfazione dell’audience. E ricordare in sovraimpressione che sono già aperti i casting per l’edizione numero sette.
Di Eleonora Cozzella, La Repubblica